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Un'aula di tribunale (Foto archivio Ansa)
Perugia, 18 febbraio 2025 – Era accusato di essersi fatto consegnare 25mila euro con un pretesto e non averglieli restituiti, arrivando a tentare di estorcerle altri soldi fingendo un ricatto da parte di ignoti che avrebbero reso noto la sua presunta infedeltà coniugale se non avesse pagato.
Vittima della presunta truffa e del tentativo di estorsione una dipendente della Regione, che nel frattempo, mentre il processo prendeva il via, è deceduta. Ad “orchestrare il tutto”, secondo l’accusa, un ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Michelangelo Felicioni, che ieri è stato condannato a tre anni di reclusione, come aveva richiesto il pubblico ministero Gemma Miliani durante la sua discussione.
Secondo l’accusa, l’ex consigliere avrebbe fatto credere alla presunta vittime di “essere gravato da pesanti difficoltà economiche alla luce dell’entità esigua dello stipendio percepito rispetto alle spese mensili” e di essere stato minacciato “da rumeni che reclamavano la restituzione di ingenti somme di denaro a causa di un affare andato a monte”.
Quando la donna avrebbe iniziato a chiedere la restituzione della somma che, in più trance, avrebbe versato, sarebbe stato messo in atto il tentativo di estorsione. La donna, infatti, aveva ricevuto un messaggio nella cassetta della posta in cui veniva invitata a pagare 3.500 euro per il silenzio su una sua presunta relazione extraconiugale.
“Se non paghi vedrai che succede. Non è uno scherzo” Denunciando il fatto, la donna aveva dichiarato che l’ex consigliere avrebbe conosciuto chi le aveva inviato il messaggio perché in passato, sempre secondo quanto aveva dichiarato la donna, Felicioni le avrebbe spiegato di essere stato ricattato dagli stessi soggetti e che avrebbe potuto fare da tramite, purché non denunciasse quanto accaduto.
Circostanze, quelle contestate, che l’ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia ha comunque sempre contestato, respingendo le accuse.
E a respingerle proseguirà anche in appello, visto che i suoi legali, gli avvocati Ermes Farinazzo e Saschia Soli, hanno intenzione di ricorrere in secondo grado per dimostrare che “i fatti non sussistono”.