Perugia, 3 giugno 2020 - Dopo una serata tra amici era andata a sbattere con la propria auto contro un albero e sottoposta all’alcol-test perché gli agenti della polizia municipale avevano riscontrato ’alito vinoso’ e ’linguaggio sconnesso’. Ma, nonostante il test avesse evidenziato un tasso alcolico tra 1,94 gr/l e 2,14, con due misurazioni nell’intervallo di 12 minuti, l’automobilista, all’esito del processo per guida in stato di ebrezza con un tasso oltre 1,5, l’aggravante di aver provocato un incidente e quella dell’orario notturno, è stata assolta perché ’il fatto non sussiste’, ancorché con formula dubitativa. L’alcol-test, in sintesi, non può stabilire la concentrazione nel sangue.
Sulla base di una perizia tecnica è infatti emerso che, nonostante fosse certo che la donna si fosse posta alla guida dopo aver assunto alcolici, "non vi è la prova della loro concentrazione nel sangue". "Nel caso concreto - scrive Fabio Suadoni, il medico legale nominato dal giudice - la misurazione dell’alcolemia è stata effettuata tramite tecnica spirometrica che è una modalità indiretta, in quanto non avviene attraverso l’esame diretto del sangue ma l’aria respirata dal soggetto basandosi sul principio che la parte terminale del respiro emesso dai polmoni rifletta la concentrazione etilica nell’area alveolare dovendosi però applicare, per giungere alla determinazione del valore, un fattore di conversione sul quale vi sono pareri discordanti anche a livello scientifico". La "misurazione dovrebbe avvenire in fase di post assorbimento mentre i risultati in fase di assorbimento sono estremamente incerti". L’etilometro "può essere considerato un test di screening di primo livello, in quanto la presenza di un valore positivo è sicuramente indice del fatto che vi è presenza di alcol ma non è in grado di indicarne con certezza la quantità, elemento ottenibile solo con un esame del sangue", aggiunge il perito.
Quella emessa dal gup di Perugia, Natalia Giubilei – forte di un parere tecnico-scientifico - è una sentenza destinata a far discutere, e a innescare una valanga di ricorsi. Potrebbe diventare un precedente a livello nazionale. Normalmente infatti le pattuglie su strada utilizzano il precursore per la positività all’alcol e proprio l’etilometro per la concentrazione. Solo in caso di incidente con feriti trasportati all’ospedale si eseguono esami del sangue.
L’imputata - difesa dall’avvocato Antonio Cozza - si era opposta al Decreto penale di condanna, chiedendo il giudizio con rito abbreviato e depositando la consulenza tecnica d’ufficio del dottor Sergio Scalise, quale consulente di parte e la testimonianza di due colleghe dell’imputata che si trovava con lei la sera incriminata con una trentina di persone e avevano sostenuto che l’imputata non aveva mangiato o bevuto molto, compreso un babà con il liquore.
Lo stesso pm aveva chiesto al giudice di disporre una perizia discussa il 3 marzo scorso. All’esito dell’udienza il giudice ha assolto la donna ritenendo che "dagli atti di causa, anche alla luce della perizia svolta, non è possibile determinare oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell’imputato, emergendo elementi di contraddittorietà". Dalle motivazioni della sentenza emerge infatti la presunta fallacità degli alcol test. © RIPRODUZIONE RISERVATA