SARA MINCIARONI
Cronaca

Ha filmato il corpo del figlio dopo averlo straziato

Scoperte decine di file, tutti datati e con orari scanditi, che mostrano il delirio social della donna

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Città della Pieve, 9 ottobre 2021 - Un «delirio social» , un vortice di informazioni, video, audio, telefonate. Fotografie agghiaccianti. E’ l’orrore "condiviso" quello moltiplicato innumerevoli volte nel tempo di un click da Katalin Bradacs, la madre ungherese di 44 anni in carcere a Perugia con l’accusa di aver ucciso a coltellate il figlioletto Alex di appena due anni. Sono trascorsi otto giorni da quando la donna è entrata in un supermercato di Po’ Bandino con in braccio il piccolo coperto di sangue.

Lo ha posato sul nastro trasportatore, alla cassa, chiedendo aiuto per poi fornire - da quel momento in poi - molte versioni dei fatti (dall’aggressione da parte di un uomo di colore, fino all’incidente) nessuna delle quai ha mai convinto gli inquirenti, a cui la ballerina ungherese non ha mai confessato il delitto ma ha continuato solo a ripetere quanto amasse suo figlio e quanto si prendesse cura di lui.

Oggi decine e decine di file, tutti datati e con orari scanditi, raccontano agli investigatori che la donna aveva già diffuso tra i suoi contatti a Budapest una quantità di materiale digitale tale da dettagliare ogni istante precedente l’arrivo al negozio.

E a quella lista ora si aggiungono le telefonate con il padre del bambino a cui Katalin disperata chiedeva "Quindi, per 2-3 anni non lo vedrò… (riferendosi alla decisione di affidamento esclusivo al padre a cui lei si era opposta con la fuga in Italia, il 23 settembre, sottraendo il bambino al genitore affidatario, ndr)… Così, quando avrà 5 anni, non riconoscerà la sua mamma. Vero? Chi sarà la sua mamma? Chi chiamerà mamma?" 

E ancora... "Mi hai detto che il servizio sociale mi porterà via il bambino, perché qualcuno ha riferito che io sono un pericolo personale e pubblico, un pericolo per mio figlio. Grazie per avermi spaventata. Ma devi sapere che il bambino piange per questo. Perché sente la mia paura". Sarà una perizia dei Ris - già richiesta dal sostituto procuratore Manuela Comodi - a dover stabilire se quei documenti provengono proprio dal cellulare della donna, considerato la fonte emittente, e di cui è stata già avviata la discovery. Ma all’altro capo dell’etere - a centinaia di chilometri di distanza - decine di immagini e video avevano già raccontato il volto più oscuro di questa vicenda: il volto di un piccolo sporco di sangue con lo sfondo rosso dei muri scrostati del casale in umbria. 

Mentre a Po’ Bandino la donna continuava a piangere e fumare sigarette sul piazzale del supermercato e i carabinieri battevano a tappeto l’edificio fatiscente considerato la scena del crimine, in molti avevano già ricevuto quelle missive terrificanti. A partire dal primogenito 18enne della donna a cui Katalin avrebbe confessato il delitto del fratellino, dicendogli "ho ucciso mio figlio".