REDAZIONE UMBRIA

Uccise bimba, ha il permesso premio Giorgio Giorni finisce di nuovo nei guai

Sta scontando l’ergastolo a Pesaro, ha ottenuto di poter uscire una volta al mese, per 4 ore. Ora il caso del cellulare

Uccise bimba, ha il permesso premio Giorgio Giorni finisce di nuovo nei guai

PESARO

Sta scontando l’ergastolo a Pesaro per l’omicidio e violenza sessuale, nel 2004, di una bimba di poco più di 2 anni, Maria Geusa di Città di Castello, ma da un anno ha ottenuto il permesso premio di poter uscire dal carcere una volta al mese, per 4 ore, e girare per la città. Non da solo e con alcuni divieti. Tra questi quelli di non andare in luoghi frequentati da bambini e di non navigare in internet. Ma per la procura non avrebbe rispettato alcuni dettami. Lui è Giorgio Giorni, condannato al massimo della pena, ed è finito di nuovo nei guai. Ma con lui anche il fratello e un pesarese, volontario e presidente dell’associazione Isaia che aveva il compito di accompagnarlo nelle sue ore d’aria. Il volontario è Pierpaolo Bellucci, noto a Pesaro per la sua attività nel mondo della comunicazione e del sociale. La procura ha appena chiuso un’indagine contro i due fratelli Giorni e Bellucci per "accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti". La colpa di Bellucci, a detta dell’accusa, è quella di aver attivato, con i suoi dati, il cellulare comprato dal fratello di Giorni. L’ergastolano (assistito dall’avvocato Alberto Bordoni) ha il permesso di telefonare ma non quello di navigare. E con quel telefonino, Bellucci è come se gli avesse dato la possibilità di farlo. Giorni, che non ha mail o altri dati digitali, non avrebbe potuto farlo da solo, Inoltre, durante una delle passeggiate, i poliziotti avrebbero visto Giorni, insieme a Bellucci, lo scorso autunno, vicino a una scolaresca in un parco.

Per Bellucci, difeso dall’avvocato Enrico Paci, questa vicenda "è un duro colpo". "Da oltre 10 anni - spiega - seguo i detenuti con l’Associazione Isaia. Ci hanno insegnato che noi volontari non siamo "i controllori" dei detenuti bensì accompagnatori e ciò non può in nessun modo far ricadere su di noi eventuali fatti dei detenuti. Riguardo a questo caso, non ho mai ricevuto alcuna indicazione su quello che il detenuto poteva o non poteva fare, nè dal Tribunale di Sorveglianza nè dal carcere. Non gli ho mai concesso nulla che solo lontanamente potesse sembrarmi non consentito. Anzi, credo di aver esagerato in scrupolosità. Credo di essere in questa situazione perche gli inquirenti hanno interpretato all’opposto certe circostanze". "Abbiamo grandissima fiducia nella magistratura - dicono Bellucci e l’avvocato Paci - La nostra difesa sara’ fare chiarezza".

Elisabetta Rossi