REDAZIONE UMBRIA

Un giudice tra sentenze e sonetti romaneschi

Paolo Micheli come Giuseppe Gioacchino Belli: una passione capace di trasformare la realtà (anche quella del Covid) in versi

Ha composto e declamato un sonetto a settimana in romanesco dall’inizio del lockdown per raccontare storie di Covid e non solo. Paolo Micheli, magistrato umbro, ora giudice in Cassazione per cui proprio mercoledì il plenum del Csm ha deliberato, nominadolo presidente della sezione penale della Corte d’Appello di Perugia, ha deciso di affrontare così, tra realtà, critica e ironia, le riflessioni sulla pandemia e sulle più recenti vicende mondiali.

Dottor Micheli, come è nata l’idea?

"Casualmente. A me i sonetti romaneschi sono sempre piaciuti, sono affascinato dalla capacità obbligata di sintesi che io, nel mio mondo fatto di sentenze, non ho mai avuto. Tutti parlavano del fatto che ‘devi stare a casa’ nel lockdown. Io però mi chiedevo ‘e chi la casa non ce l’ha?’ Allora ho scritto il primo su un barbone che non sa dove andare".

Sonetti che scandiscono quanto accaduto: la giungla delle autocertificazioni, l’immagine simbolo del Papa solo in piazza San Pietro….

"Quello uscito ora parla delle persone che muoiono sole, ma spesso c’era anche la notizia del momento".

Come il Papa in piazza, appunto…

"Rimasi colpito: pensai che quella forza umana ma trascendente, potesse dare un senso a tutta quella sofferenza"

Traspare anche un po’ di critica…

"Nei limiti dell’ironia. Ci sono stati personaggi cui ho voluto dare un commento di ordine negativo: uno su tutti il presidente americano. L’ho paragonato al ragazzino capriccioso che giocava a pallone e sull’1 a 0 voleva far finire la partita".

E i virologi.…

"Hanno detto tutto e il contrario, tanto da farti rivalutare quelli per cui la scienza è inesatta, gli azzeccagarbugli del diritto".

Ma un giudice di Cassazione fa il lavoro in smart?

"Sì, durante il lockdown. infatti c’è un sonetto in cui prendo in giro quelli che si presentano impeccabili e poi al posto dei pantaloni hanno il pigiama, o chi fa a gara a proiettare sullo sfondo la biblioteca più fornita".

Non li ha solo scritti, anche declamati…

"Anche i romani, e sono quelli che contano, mi hanno fatto i complimenti per la versione audio: non serve a far vedere se sono bravo ma soprattutto a consentire a chi non è romano di comprendere più facilmente il senso".

Come ha vissuto il lockdown?

"Mi è servito a eliminare l’arretrato nelle sentenze, mi sono sempre sentito un privilegiato avendo casa col giardino: non stavo agli arresti domiciliari".

Ha affrontato la morte di Floyd, l’incidente di Zanardi, l’addio a Proietti e Maradona...

"Mi ha colpito la morte di Proietti. Perché intimamente sognavo, come i bambini che guardano le vetrine delle pasticcerie e non si azzardano ad entrare, se mai uno come lui avesse potuto declamare un mio sonetto".

E adesso anche Pablito, nonostante non sia lunedì ha subito composto un sonetto...

"Ci sono persone che viene naturale ricordare e dedicare loro un tributo, come minimo segno di riconoscenza per le emozioni che ci hanno regalato".

Dopo otto anni, tornerà a Perugia, presidente della Sezione penale della Corte d’appello. Che effetto le fa?

"Se ci saranno problemi li affronterò con assoluta tranquillità per verificare le esigenze di tutti i protagonisti. A partire dagli avvocati e dal personale di cancelleria".

Erika Pontini