SARA MINCIARONI
Cronaca

Viaggio nei ristoranti del Ventennio. ‘Ma quale apologia, siamo solo chef’

I simboli del Duce nei locali: «La Digos è già venuta a controllare»

Un ristorante

Castiglione del Lago, 1 ottobre 2017 - Chiedere quale sia nato prima può suonare sconveniente. Un po’ come interrogarsi sul dilemma dell’uovo o la gallina. Resta il fatto che nel territorio di Castiglione del Lego si trovano due ristoranti che hanno fatto del collezionismo «nostalgico» un loro simbolo di riconoscimento e nelle ore in cui si discute sulla proposta di legge Fiano che rende reato l’apologia e la propaganda fatta tramite i simboli del fascismo abbiamo chiesto ai titolari se in qualche modo avranno ripercussioni sulle loro attività. A San Fatucchio c’è la Trattoria Fratelli d’Italia dove il tricolore regna sovrano e un’auto «Balilla» è parcheggiata davanti all’ingresso. Diverse bottiglie di vino hanno l’etichetta con il volto di Benito Mussolini e l’anniversario della marcia su Roma viene ricordato con gigantesche torte tricolore e l’arredamento è fatto di suppellettili cimeli militari e simboli del ventennio.

IL TITOLARE è Marco Fratoni che spiega subito: «Il mio lavoro è una cosa, il mio museo personale è un’altra ben distinta – precisa il ristoratore –, la Digos è venuta diverse volte e tutto è risultato regolare. Non sono un politico e non faccio riunioni qui c’è solo roba storica e da me viene a mangiare gente di ogni credo politico». Del resto lo scrive sul menù «un uomo deve essere disposto a correre qualche rischio per le sue idee».

A PANICAROLA c’è la Locanda del Principato, un circolo privato in cui la tessera è obbligatoria e dove oltre a gustare ottimi piatti e vini ricercati si può osservare un vero e proprio museo. Ci sono l’area dedicata alla caccia, agli scudi, alla pesca e alla tradizione contadina e poi in fondo alla sala un cartello con scritto «Predappio», indica il «confine» con la parte dedicata al ventennio fascista e alla seconda guerra mondiale.

NON NE FA un mistero l’ottimo chef e titolare Riccardo Ceccarelli, «cucino da 40 anni – racconta – i primi 20 mi sono messo ai fornelli solo per gli amici, poi ne ho fatto un’attività. Il mio è un museo con tante cose, non c’è certo apologia. Non sono un estremista o un sovversivo. Se verranno a dirmi che devo togliere qualcosa lo farò ma non cambierò le mie idee». Del resto l’Arci l’ha espulso già qualche anno fa con l’esplicita motivazione del suo riferimento ad ideologie contrarie ai principi dell’associazione, lui gli rispose che i primi a non essere democratici erano stati proprio loro. Un personaggio decisamente caratteristico come il suo ristorante del resto, dove comunque, per l’altissima qualità della cucina più di un «compagno» avrebbe chiuso un occhio.