
Il presidente Gino Sirci con Monia
Perugia, 9 settembre 2016 - «Se hai paura di perdere non oserai vincere», diceva il campione Bjorn Borg. Massima che ben si addice ad uno dei protagonisti della scena sportiva umbra, sotto i riflettori da vincente ormai da parecchi anni con la Sir Safety volley. E’ uno abituato non solo ad osare ma anche ad andare al massimo Gino Sirci, imprenditore assisano (sua la Sir Safety System antinfortunistica e sicurezza che produce sistemi di protezione per chi lavora sia in Italia che all’estero), ex atleta di corsa campestre, e vulcanico dirigente di un team che da anni ormai è tra i protagonisti assoluti del volley nazionale e internazionale.
Come ha scoperto il volley?
«Con mio figlio. A 13 anni lasciò il calcio per il volley. Fu amore a prima vista – dice con aria sorniona –. Poi mi chiesero prima di fare lo sponsor della squadra di Bastia dove militava e poi di diventarne il presidente. Vincemmo il campionato salendo prima in C1, poi l’anno seguente s in B2 e due anni dopo in A2. Seguì il salto in serie A1. Questo è il quinto anno di militanza nella massima categoria. Insomma è stata un’ascesa continua».
I tifosi amano la squadra e i campioni che la compongono ma adorano anche lei e i suoi look da cowboy, lo sapeva?
«Sì e mi fa molto piacere – dice sorridendo –. La pallavolo non dà ricchezza o guadagni ma ti dà notorietà e soprattutto pubblicità positiva. E’ un movimento pulito. Il look? Sono sempre stato un creativo. Faccio e indosso quello che mi piace. Certo, quando sono al lavoro giacca e cravatta di ordinanza sono d’obbligo ma quando posso mi piace essere trasgressivo, al di sopra delle mode e delle etichette, fare tendenza da solo».
Ma dove trova quelle incredibili giacche texane, camperos e cinture o ’spadini’ da camicia addirittura con gli strass?
«A Milano. Del resto è o non è la città della moda per eccellenza?».
Torniamo alla pallavolo. Qual è stato il primo ingaggio importante?
«La stupirò parlando di Luca Belli, detto il Cobra. Un ragazzone di Città di Castello bravissimo che portai a Bastia. Con lui vincemmo due campionati di fila fino alla B1. Siamo ancora amici».
Lei ha già vinto molto, ma a quanto pare quest’anno punta a bersagli grossi.
«Vincere logora solo chi non riesce a trovare motivazioni. E io sono uno che ne ha sempre molte. Nella vita come nello sport amo osare, sempre».
Scudetto, Coppa Italia e Champions e chi più ne ha più ne metta. Da una squadra costruita con campioni come Atanasijevic, Zaytsev, De Cecco, Russel & co. ci si aspetta, e giustamente, molto. La Sir sa che presidente, sponsor, tifosi, l’intera città vogliono festeggiare trofei importanti.
Ma che rapporto ha Sirci con i suoi giocatori?
«Ottimo pur se molto formale. Pensi che non ho nemmeno i loro numeri di telefono. Non esco mai a cena con i singoli, solo con la squadra. Insomma, non creo rapporti privilegiati con nessuno. Per me sono tutti uguali. Ho un legame molto professionale, anche se dò un soprannome a ognuno di loro. Tutti grandi campioni, molto disponibili con i tifosi. Atanasijevic? Tra i più amati proprio per questo».
Qual é il giocatore migliore?
«Quello che deve ancora arrivare».
Bufale di mercato ne ha prese?
«Come tutti».
Adesso però punta vincere forte.
«Io punto sempre a vincere. Per questo nella finale di Supercoppa a Modena sono rimasto molto scottato. Ci è mancato un pizzico di cattiveria. Ho parlato con tutti: quello che è successo non deve ripetersi». Lei è scaramantico? «Forse un po’ – ammette ridendo –, nel senso che seguo dei piccoli rituali che ritengo positivi. Come l’arrotolorare la carta delle caramelle, può succedere anche per mezz’ora e più. O indossare certe cose come scarpe particolari o, sì, anche il mio stile cowboy».
Funziona?
«Non serve a nulla ma ti dà la sensazione di contribuire al risultato».
Che cosa spinge un imprenditore molto impegnato sul lavoro come lei a imbarcarsi in un’impresa come quella della Sir, cosa ci guadagna? «Guardi, le spese sono sempre maggiori delle entrate. Ma lo sa? La passione è tanta, e poi ti senti amato dalla gente. I ritorni? Non ci sono se non in termini di immagine. Direi che sono un mecenate dello sport».
Però nonostante i tantissimi sirmaniaci di Perugia ha minacciato di lasciare la città e trasferirsi altrove per la questione-palazzetto.
«E sono pronto ancora a farlo se necessario». I precedenti però non depongono a favore di queste scelte. «Perchè in passato chi ha deciso di andarsene ha scelto una realtà più piccola. Noi abbiamo la chance Firenze. E comunque vogliamo rimanere qui. Gli amministratori dovrebbero ricordare che lo sport è una risorsa della città».
Donatella Miliani