TITTI GIULIANI FOTI
Viareggio

Alfonso Signorini: "La mia Bohème, questione di cuore"

Dopo Turandot un'altra regia per il Puccini Festival di Torre del Lago

Alfonso Signorini con Mara Venier a Torre del Lago (foto Aldo Umicini)

Viareggio, 26 luglio 2018 - «C’è un punto della Bohème nel terzo atto – la Barriera d’enfer– in cui Mimì canta: “Soli d’inverno è cosa da morire…ci lasceremo alla stagion dei fior”. È una delle pagine più efficaci dal punto di vista musicale e drammaturgico di Puccini, che racchiude in sé il vero leit-motiv del dramma: la compartecipazione del cuore». Debutta venerdì 27 luglio – replica 3 agosto – al Festival Puccini di Torre del Lago il nuovo allestimento de La Bohème, altra fatica registica firmata Alfonso Signorini: sul podio Alberto Veronesi.

Dopo il successo di Turandot dello scorso anno – ancora in scena – il giornalista e scrittore debutta con un cast di eccezione: Elena Mosuc è nel ruolo di Mimì, Francesco De Muro è Rodolfo; Lana Kos, Musetta.

Signorini, un’altra opera di Puccini: allora non era una scommessa.

«L’amore per l’opera è nato in me in modo spontaneo, non so neppure io perché, a dir la verità. Quando i miei compagni di scuola ascoltavano Ti Amo di Tozzi e io mi sentivo la Callas. Penso sia questione d’amore: che è un sentimento ancora così forte, alla base di illuminazioni anche a livello registico. Perché ci lavoro e molto, mi metto in gioco, e pretendo tanto dai cantanti».

Non facili i cantanti d’opera, bravissimi e molto concentrati.

«Vero. Ho imparato a conoscerli e ho capito che come accade agli artisti, vivono in un mondo loro, fatto di riti e sicurezze, come quella di cantare a favore dell’orchestra e del pubblico. In genere non vogliono lasciarsi andare a posture che sacrifichino il loro canto, quindi quando arrivo, sembro uno tsunami».

Come accadde per Turandot?

«Già, quando Turandot lo scorso anno fu costretta a cantare con la faccia sul pavimento: preferisco un suono sporco anche imperfetto ma che arrivi fino al cuore».

Signorini, non ci si improvvisa registi: e il successo?

«Da sempre ho dentro questo grande amore per il melodramma, la mia è una formazione classica e questo mondo armonioso lo vivo da sempre come forza e certezza. Poi di sicuro c’è il rispetto: Puccini è un grande maestro e l’opera secondo me non va stravolta, come accade con certe scuole di pensiero che non condivido».

Dunque sarà la Bohème di Signorini o no?

«Mi sento vicino a quel mondo di intendere la musica dove tutto deve nascere dal rispetto e da un grande spirito di servizio: penso che non debba essere Bohème di Signorini ma solo di Puccini. Io ci entro in punta dei piedi e solo per mettermi a disposizione di queste meraviglie scritte da un gigante a cui tutti dobbiamo dire grazie».

Contrario alle libere interpretazioni dunque?

«L’opera non ha bisogno di stravolgimenti per essere moderna. Basta saperla leggere e scorgere. Ogni azione, accento, dramma che si sviluppa in quest’opera meravigliosa trova un pieno significato nel tentativo di capirsi e di essere capiti. Una lezione per tutti».