REDAZIONE VIAREGGIO

Assemblea infuocata a Torre: "Ci sentiamo abbandonati. Ma la rabbia non è la risposta"

Nell’incontro promosso da Pastechi e Tedeschi la richiesta di avere più rinforzi . E c’è chi propone di organizzare una fiaccolata nei luoghi dello spaccio: "Luce di speranza".

Nell’incontro promosso da Pastechi e Tedeschi la richiesta di avere più rinforzi . E c’è chi propone di organizzare una fiaccolata nei luoghi dello spaccio: "Luce di speranza".

Nell’incontro promosso da Pastechi e Tedeschi la richiesta di avere più rinforzi . E c’è chi propone di organizzare una fiaccolata nei luoghi dello spaccio: "Luce di speranza".

TORRE DEL LAGO

L’eco della notte drammatica della Darsena, del furto di una borsa finito con la morte del presunto ladro, ha raggiunto inevitabilmente Torre del Lago, e la sala della circoscrizione di viale Marconi, dove la città - su impulso di Athos Pastechi e di Antonio Tedeschi - si è riunita ieri sera per discutere di sicurezza.

Un incontro nato ben prima dell’ultimo, tragico, episodio di via Coppino. Convocato una settimana fa, al culmine della raffica di furti, di spaccate, di rapine, di vandalismi e prepotenze, che hanno segnato l’estate di Viareggio. Piccoli e grandi storie quotidiane di criminalità percepite dal tessuto sociale ormai come “insopportabili”.

A riempire le sedie della sala consiliare “Serafino Beconi”, troppo piccola per contenere l’insofferenza che monta episodio dopo episodii, tanti cittadini, arrivati da Città Giardino al confine della Bufalina, in cerca di risposte dalle istituzioni per questo senso di vulnerabilità. "Abbiamo invitato il prefetto e il questore – spiega Pastechi – e abbiamo parlato con la forze dell’ordine. Se non abbiamo invitato il sindaco è perché per la sicurezza ha fatto già sette riunioni con la Prefettura". Le sedie delle istituzioni, però, "“come vedete – ha sottolineato Pastechi – sono vuote".

Ed è a questo punto la rabbia è esplosa con il grido di un padre: "Qui siamo abbandonati. Mia figlia non può uscire di casa per paura. Ci sono gli spacciatori alla luce del giorno e non si vede nessuno a controllare". Gli animi così si sono scaldati: "Dobbiqmo muoverci noi tutti, andiamo casa per casa e li mandiamo via". "Se lo Stato non è in grado di far rispettare le leggi allora è anarchia". Hanno urlato alcuni dei presenti a testimonianza di come il livello di esasperazione sia alto.

Ha provato il dottor Tedeschi, medico della frazione ed ex assessore, a riportare la calma nello stanzone che ribolle di rabbia e frustrazione. "Dobbiamo pensare al problema della sicurezza come ad una malattia– ha spiegato prendendo a prestito le parole dal linguaggio che gli è più congeniale –. E come ogni malattia dobbiamo intervenire con la prevenzione, che in questo momento manca, e con una terapia che deve essere istituzionale. Non possiamo farci la giustizia da soli. Dobbiamo mobilitare i ministeri perché mandino rinforzi". Quei rinforzi tante volte promessi e mai arrivati. "O, se arrivati sufficienti – osserva qualcuno – a coprire a mala pena agenti e militari a loro volta in licenza".

L’idea che prende corpo è, dunque promuovere una raccolta firme, lanciare un petizione. "Dobbiamo stimolare in tutti i modi il governo affinché qui mandino rinforzi", insiste Pastechi. E nell’attesa, nella speranza, che da Roma arrivino risposte, qualcuno propone di “vivere il territorio”, di organizzare “delle passeggiate”. "Dobbiamo girare per le nostre strade, essere presenti nei luoghi sensibili. Se siamo in tanti ". E si torna alla ronde, alle sentinelle, alla passeggiate civili... o come le si voglia chiamare. Da Milano un ex residente di Quarto Cagnino, racconta dell’esperienza vissuta. "Come le pinete di Viareggio, da noi il parco delle cave era ostaggio degli spacciatori. Per un mese, ogni sera, – ha raccontato – ci muovevano a decine per pattugliare il parco. E alla fine siamo riusciti ad allentare il problema". Un esperienza simile venne proposta più di dieci anni fa anche a Viareggio. "Cominciammo in tanti, e alla terza riunione eravamo rimasti in cinque", ricorda uno dei partecipanti. Perché finito l’impatto emotico, c’è il reflusso nel privato.

Tra toni eccessivi, tra inqualificabili nostalgie, è toccata ad una giovane barista della frazione riportare la riunione su un piano civile. "Il problema sicurezza – prova a spiegare – non ha nazionalità. E se vogliamo affrontarlo dobbiamo farlo con il buon senso". Ha raccontato di aver subito minacce di morte da un cliente. "E le forze dell’ordine mi risposero di mettere telecamere e che finché non avesse fatto qualcosa di grave non sarebbero potuti intervenire. Sono queste le risposte che ci fanno sentire soli".

E, forse, è da qui che occorre ripartire da riconquistare centrimetri di legalità recupeando le piazze, tornandole a vivere, aprendo ludoteche e biblioteche. Spazi di cultura.

"Non occorre fare delle ronde. Nei luoghi dimenticati serve luce e speranza. La fiaccolata potrebbe chiamarsi “la luce della speranza”".

Martina Del Chicca