Azimut Benetti si conferma per il 24esimo anno consecutivo come realtà unica al mondo nel settore dei grandi motoryacht. Il portafoglio attuale di quasi 2,6 miliardi di euro è il più grande dato assoluto nel settore, e l’organizzazione aziendale è portata ad esempio per le imprese rivolte a un mercato globale.
Il gruppo vanta numeri record: più di 50 anni di primati, 526mila metri quadrati di stabilimenti produttivi, 138 show room in 80 Paesi, 1,3 miliardi di euro di valore di produzione per il 2022/23, 70 per cento di crescita negli ultimi quattro anni, 2.350 dipendenti diretti (con una crescita del 10 per cento in cinque anni).
Di questi numeri e delle prospettive del comparto parliamo con l’amministratore delegato Marco Valle. "La combinazione tra prodotti innovativi e il posizionamento corretto dei brand Azimut e Benetti, con target definiti e presenza capillare a livello internazionale, da un lato. Dall’altro, l’ottimizzazione delle risorse e degli sforzi produttivi. Tutto reso possibile dalle persone: un team giovane, che lavora compatto e spinge con determinazione verso un obiettivo comune".
Un elemento importante per il futuro è dato dall’ingresso in società, con la famiglia Vitelli, che mantiene il controllo con il 59 per cento del capitale sociale del Public Investment Fund, fondo sovrano dell’Arabia Saudita con il 33 per cento, oltre a Tamburi Investment Partners con l’8 per cento. "PIF è entrato nel Gruppo come investitore strategico di lungo termine; è stata un’operazione per aprire nuove opportunità perché la forza finanziaria di PIF e le sinergie con altri settori possono sostenere Azimut Benetti nella crescita dimensionale e tecnologica, con un’attenzione particolare al Medio Oriente, zona in forte sviluppo".
Il progetto Neom in Arabia Saudita prevede anche la costruzione di porti turistici per migliaia di barche. "È il giusto esempio di una delle sinergie strategiche che possiamo creare".
Per le città sedi delle vostre aziende, quali sono le ricadute occupazionali, sugli appalti, sui professionisti, sui servizi collegati che collaborano alla realizzazione dei sogni degli armatori? "Qui bisogna partire da un discorso più ampio, che riguarda l’impatto economico e occupazionale di tutta la nautica in Italia. I numeri che giungono da uno studio condotto da Deloitte su stimolo di Altagamma sono infatti molto positivi: la nautica da diporto ha un impatto complessivo di circa 27,7 miliardi di euro e 157mila occupati, attivando le filiere complementari del turismo e del Made in Italy, con un effetto moltiplicatore economico totale di quasi 2,7 volte e uno occupazionale implicito di 6,0 volte. Considerato che siamo leader del settore e cresciamo più del mercato, come gruppo possiamo confermare questi numeri".
Quando parla di contrazione del mercato, a quali tipologie di vostri prodotti si riferisce? "In argomento, faccio riferimento alle barche fino ai 70 piedi, circa 21 metri, e si tratta di un trend che riguarda tutta l’industria della nautica da diporto, italiana e straniera. Per gli altri segmenti non percepiamo un rallentamento perché l’offerta continua a essere inferiore alla domanda grazie al ricco portafoglio ordini".
Teme una prossima risalita dei dazi Usa, come avvenuto in passato, visto che gli armatori americani sono tra i vostri più importanti clienti? "È uno scenario da tenere sotto osservazione, ma al momento ritengo che manterremo il market share sul territorio".
Può riassumere i più importanti progetti di sostenibilità ambientale per gli yacht e per i siti produttivi? "Venti anni fa, abbiamo avviato un processo di riduzione delle emissioni sviluppando soluzioni per contenere il peso delle imbarcazioni e ottimizzare l’efficienza, come l’uso estensivo della fibra di carbonio e le carene ad alta efficienza. Queste innovazioni hanno dato vita alla famiglia degli Azimut Low Emission Yachts, che oggi rappresentano oltre la metà della nostra flotta, riducendo i consumi e le emissioni del 20-30 per cento. Il nostro team di R&D ha individuato nelle soluzioni ibride e nei carburanti alternativi ai combustibili fossili la via più efficace per ridurre consumi ed emissioni in questa che molto probabilmente è una fase di transizione – in cui tuttavia possiamo già ottenere risultati importanti. Uno studio indipendente del Politecnico di Torino ha confermato che le soluzioni ibride alimentate da biodiesel Hvo sono le più promettenti, offrendo risultati tangibili già nel breve periodo. Abbiamo sostituito il carburante fossile con Hvo biodiesel – che permette di ridurre le emissioni di CO2 dal 60 al 90 per cento well to wake – e sviluppato imbarcazioni ibride elettriche, come la serie Seadeck di Azimut e il B.Yond di Benetti. Il successo di B.Yond è evidente anche sul piano commerciale, con il 54 per cento delle unità vendute ibride, mentre Benetti conta oggi 10 unità ibride in produzione. Inoltre, per quanto riguarda i siti produttivi, ci stiamo invece dedicando a un progetto di riciclo degli scarti della vetroresina".