VIAREGGIO (Lucca)La nautica da diporto sembra destinata a guardare sempre di più all’oriente (più Medio che Estremo). A gennaio Trump tornerà a insediarsi alla Casa Bianca e da mesi i principali player europei del comparto sentono puzza di bruciato: i tanto sbandierati dazi a protezione dell’industria statunitense, che potrebbero allontanare dai siti produttivi italiani lo sbocco del principale mercato mondiale del settore. Ma allo stesso tempo, nuove prospettive sembrano aprirsi nei Paesi del Golfo, in particolar modo l’Arabia Saudita.
A questo momento di transizione il gruppo Azimut-Benetti arriva con numeri solidi che inducono l’amministratore delegato Marco Da Valle a un certo ottimismo. In particolare, il portafoglio del gruppo da 2 miliardi e 600 milioni di euro rendono Azimut-Benetti il principale attore mondiale del settore. Alle spalle di questo risultato c’è una dotazione di tutto rispetto: 526mila metri quadrati di siti produttivi, 2.350 dipendenti diretti (+10 per cento negli ultimi cinque anni) e un valore di produzione per il 2022/23 da un miliardo e 300 milioni di euro (addirittura +70 per cento sul 2020).
Su questo background, si innesta la sinergia con il Public Investment Fund dell’Arabia Saudita, che potrebbe aprire prospettive enormi per Azimut-Benetti nel mercato arabo in piena ascesa. Pif – uno dei più grandi fondi sovrani del mondo, con un patrimonio stimato di quasi mille miliardi di dollari – è entrato in società con il 33 per cento, tra l’altro nella fase in cui il principe Mohammad bin Salman, che del fondo è presidente, ha lanciato il progetto di una nuova città, battezzata Neom, che dovrebbe sorgere per circa 170 chilometri lungo il mar Rosso, con porti turistici per migliaia di barche. "È una delle sinergie strategiche che possiamo creare – spiega l’ad Da Valle –; Pif è entrato nel gruppo come investitore strategico di lungo termine e la sua solidità finanziaria potrebbe aprire per tutto il gruppo prospettive di crescita dimensionale e tecnologica".
E aiutare Azimut-Benetti a superare le principali sfide del momento: quella della contrazione del mercato per determinate tipologie d’imbarcazione e, ovviamente, quella per la sostenibilità. "Tutta l’industria della nautica da diporto, italiana e straniera, è in difficoltà con le barche fino a 70 piedi – spiega Da Valle – mentre la sfida ambientale ci vede in prima linea da vent’anni: abbiamo ridotto il peso delle imbarcazioni e ottimizzato la loro efficienza, dando vita agli Azimut Low Emission Yachts (yacht a basse emissioni; ndr), che oggi rappresentano oltre la metà della nostra flotta, e riducendo di quasi un terzo il volume delle emissioni". La partita si è giocata anche sulle soluzioni ibride: "Abbiamo sostituito il carburante fossile con un biodiesel che permette di ridurre le emissioni di Co2 dal 60 al 90 per cento e sviluppato serie come Seadeck e B.Yond. Il 54 per cento delle unità che vendiamo sono ibride".