PAOLO PACINI
Cronaca

"Assurdo morire così". Al processo lo sfogo dei genitori di Sofia, annegata in piscina

La mamma e il papà della bimba di 12 anni ascoltati ieri in aula. Restò impigliata con i capelli nel bocchettone dell’idromassaggio. "Lì nessuno portava la cuffia, mancavano anche dotazioni di sicurezza"

La piscina del bagno Texas

Lucca, 19 dicembre 2023 – “Un suo amico è corso alla tenda per avvertirci che Sofia era sott’acqua e non riusciva a tornare su... Per un istante abbiamo pensato a un brutto scherzo, perché Sofia nuotava benissimo. Poi però abbiamo sentito la concitazione nella zona piscina, a venti metri da noi, e ci siamo precipitati col cuore in gola... Purtroppo invano. E’ stato terribile, stavano cercando di rianimarla, ma non c’era neanche un defibrillatore. Io speravo che ce la facesse, ma mio marito aveva capito subito cosa stava accadendo...".

La voce sicura e serena, mentre risponde alle domande del pm Salvatore Giannino, si incrina all’improvviso per l’emozione e le lacrime, inarrestabili, fanno il resto. Nell’aula del tribunale di Lucca, davanti al giudice Gianluca Massaro, cala un silenzio carico di commozione. Difficile non restare turbati dal racconto della signora Vanna Broia, mamma della piccola Sofia Bernkopf, la dodicenne di Parma morta il 17 luglio 2019 all’Opa di Massa quattro giorni dopo il fatale incidente nella piscina del bagno Texas di Marina di Pietrasanta.

La bimba rimase con i capelli impigliati nel bocchettone di aspirazione dell’idromassaggio e non riuscì a risalire in superficie.

In aula erano assenti ieri i sette imputati di omicidio colposo aggravato. Si tratta dei quattro proprietari del “Texas“, ossia Simonetta ed Elisabetta Cafissi con i mariti Giampiero Livi e Mario Marchi, tutti residenti a Prato; i bagnini Emanuele Fulceri di Viareggio e Thomas Bianchi di Camaiore; e infine il fornitore e installatore della piscina idromassaggio Enrico Lenzi, di Massa e Cozzile.

"Avevamo scelto quel bagno – ha raccontato la mamma – perché ci sembrava moderno e accogliente. Ci eravamo stati anche due settimane prima. In piscina avevamo notato che nessuno portava la cuffia, ma ci dissero che non c’erano problemi. Quel pomeriggio del 13 luglio 2019 il mare era molto mosso e Sofia andò in piscina con un bambino nostro amico. Era una ragazza d’oro, seria e scrupolosa. Mi disse: “mamma, stai tranquilla, ok?”. Tutto avrei potuto immaginare ma non di perderla così... Quando mi precipitai alla piscina, incrociai un bagnino e gli chiesi dove fosse stato finora. “L’ho tirata su io...”, mi rispose. Ma a noi risulta invece che a tentare un disperato salvataggio fu ragazzo di 15 anni che la vide per caso riversa sott’acqua...".

"Proprio così – ha poi sottolineato in aula il padre Edoardo Bernkopf – i capelli di Sofia erano stati risucchiati con tale forza dal bocchettone che quel ragazzo robusto fu costretto a strapparle i capelli e anche il cuoio capelluto nel disperato tentativo di tirarla fuori dalla vasca. Avrà tentato di gridare mamma, papà, di implorare l’aiuto di qualcuno per uscire dall’acqua che la soffocava, ma nessuno l’ha potuto fare... Assurdo morire così. Peraltro mancavano dispositivi di primo soccorso come il pallone Ambu e il defibrillatore. Nessuno del personale del Bagno Texas ha soccorso Sofia, che quando sono arrivato veniva rianimata da un medico, casualmente ospite quel giorno della struttura. Dalla proprietà ho ricevuto una lettera solo qualche anno dopo: in sostanza difendeva l’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate dal Bagno. L’ho trovata francamente offensiva...".

Il processo riprenderà il 29 gennaio per ascoltare gli operatori di Polizia Giudiziaria intervenuti dopo la tragedia. Già fissate numerose altre udienze: la sentenza è attesa non prima di giugno.