Quarant’anni fa Mark David Chapman uccideva a colpi di pistola John Lennon a New York e l’epopea dei Beatles finiva nel mito. La band più famosa del mondo poteva venire ad esibirsi anche in Versilia. Ingaggiare i “fab four” di Liverpool era un sogno di Sergio Bernardini che rimase tale anche se l’allora patron della Bussola fece di tutto per portarli a Focette. E’ noto a tutti che la Bussola fosse un palcoscenico internazionale dove si sono esibiti i grandissimi, tutti quelli italiani ma anche moltissimi cantanti e mattatori di calibro mondiale. Bernardini contattò lungamente chi amministrava i Beatles. Fu un corteggiamento che durò anni e lo confermò Aldo Valleroni nel suo libro “Versilia anni ruggenti” che è un po’ la Bibbia del periodo d’oro della nostra zona. Tra l’altro il valore della Bussola e il prestigio della Versilia era noto anche Oltremanica perché anche un mito della musica di quel Paese come il gallese Tom Jones era stato affascinato da una platea che lo ripagò alla grande.
Per convincere i Beatles ad esibirsi alla Bussola nella seconda metà degli anni Settanta Sergio giocò anche la carta dei buoni uffici di Peppino Di Capri. Fu infatti Peppino, che alla Bussola realizzò anche il suo banchetto di nozze, a seguire i Beatles nel mini tour italiano datato 1965 con concerti il 24 giugno al Vigorelli di Milano e nei giorni seguenti a Genova e poi a Roma. La Beatles-mania a livello planetario stava scoppiando e tra i gruppi italiani di supporters che animarono il doppio appuntamento milanese con concerti live al pomeriggio e alla sera c’erano gruppi conosciuti come Le Ombre, i New Dada, i Rockets ma anche Fausto Leali e appunto Peppino Di Capri.
Purtroppo fu l’unica apparizione italiani dal quartetto di Liverpool voluto dall’impresario Leo Wacther, un ebreo polacco che dopo un lungo girovagare si era stabilito a Milano diventando impresario musicale e aprendo il Teatro Ciak che poi è diventato un’istituzione del divertimento nella città meneghina. Bernardini riuscì ad arrivare anche a lui ma non ci fu verso di convincere John, Paul, George e Ringo che peraltro dimostrarono più volte di amare l’Italia. E così i Beatles rimasero uno dei grandi sogni non realizzati di Bernardini (un altro fu Elvis Presley) che aveva messo sul piatto una bella cifra ma non bastò.
Enrico Salvadori