Non si è ancora spenta l’eco della partenza del Giro d’Italia ieri dal Belvedere Puccini di Torre del Lago e, nemmeno, quella di domenica scorsa con oltre 7mila runners (più familiari e amici) che hanno corso lungo la Passeggiata per la Deejay Ten. Due eventi “fuori stagione“ capaci di riempire gli alberghi, ma anche ristoranti, locali e negozi. La sola carovana rosa oltre ad un ritorno diretto (le presenze di mercoledì tra squadre, accompagnatori, tecnici e giornalisti al seguito) è capace di generare anche un ritorno “indiretto“ (presenze nei prossimi 12-14 mesi). Secondo uno studio di Banca Ifis l’impatto economico della corsa ciclistica è in grado di generare ben 620 milioni di euro dei complessivi due miliardi di ricavi sono dovuti "all’impatto immediato prodotto dalla spesa degli spettatori lungo le tappe della kermesse e dalla macchina organizzativa dell’evento". Mentre il restante 1,4 miliardi di euro è stato prodotto da benefici economici “differiti”, in pratica dalle spese di chi, dopo aver partecipato (in presenza o da remoto, vale a dire guardandola in televisione) all’evento, tornerà a visitare i luoghi toccati dal “Giro“ nell’arco di 12-18 mesi generando nuovi introiti turistici. E proprio sui benefici dei grandi eventi sportivi per i territori si incentrerà la tavola aperta al pubblico della 74^ assemblea nazionale della Federalberghi guidata da Bernabò Bocca.
Presidente, quali sono i segnali per la prossima stagione?
"Usciamo dai cosiddetti “ponti di Primavera” che hanno dato buoni risultati un po’ in tutta Italia. Senza dubbio il mare ha guadagnato il primo posto come destinazione favorita, ma nonostante il tempo incerto noi abbiamo calcolato un movimento turistico complessivo di quasi 14 milioni di italiani. È chiaro che questo dato fa ben sperare per la prospettiva dell’estate 2024. Ma sa, noi albergatori non siamo mai al sicuro..".
E per la Versilia?
"Prendendo in considerazione lo stesso periodo, ci risulta che qui in Versilia ci sia stata una crescita del 2,2% rispetto allo scorso anno. Sembra che quello versiliese sia stato il “prodotto mare” più performante nella regione. In linea di massima questo territorio ha tutti i presupposti per un discreto successo anche per la prossima stagione. Viareggio e la Versilia stanno facendo molto per questo, a 50 anni di distanza, abbiamo voluto organizzare qui nostra Assemblea qui, proprio come riconoscimento del lavoro svolto. Io amo molto Viareggio perché non è solo una località di mare, ma è una cittadina e anche d’inverno la si può vivere a fondo".
Quanto pesano i venti di ’guerra’ e di instabilità internazionale per quanto riguarda gli arrivi dagli Stati Uniti?
"Guardi io dico sempre: l’instabilità è il peggior nemico del turismo. Effettivamente abbiamo contro l’incertezza che i conflitti internazionali possono generare nella progettazione di un viaggio. Questo vale sia per il nostro turismo interno che per gli stranieri. La sicurezza è un tema di tutti, ma è particolarmente sentito dai turisti americani, che rappresentano per così dire il nostro mercato principale: sono innamorati dell’Italia, sono abituati a programmare la loro vacanza con largo anticipo nel nostro Paese ma allo stesso tempo sono estremamente sensibili ad ogni minima eventualità di rischio. E se ci sono tensioni forti, sono i primi a rinunciare al viaggio".
Questo quando incide sulle presenze complessive?
"Onestamente mi sembra difficile poter fare una valutazione del genere su una situazione al momento “virtuale”. Possiamo solo sperare che le condizioni generali relative ai conflitti migliorino".
Cosa chiedono oggi in termini di servizi i turisti che arrivano?
"Dal post covid siamo entrati in un’altra era: oggi c’è estrema attenzione a questioni che magari, precedentemente, erano accantonate. La pandemia ci ha scossi interiormente, abbiamo dovuto riordinare i pensieri e le abitudini su tutti i fronti. Nell’ospitalità in particolare ormai ci si aspetta la massima cura su tutto ciò che concerne sanificazione, igiene, attenta areazione. I nostri alberghi continuano incessantemente ad offrire questo tipo di garanzie, il che è molto apprezzato dai nostri visitatori".
Non esiste un solo turismo, ci sono diverse declinazioni (da quello sportivo a quello culturale, da quello congressuale a quello sanitario). Una corretta programmazione potrebbe dare continuità oltre la stagionalità?
"Assolutamente. La pianificazione e la programmazione sono a mio avviso i pilastri su cui si basa il successo di un vero progetto sul turismo. È il primo passo da fare per immaginare scenari attrattivi che vadano ad arricchire l’offerta anche in periodi diversi da quelli più consueti per concepire viaggi, solitamente concentrati nella stagione alta".
All’estero i grandi eventi funzionano da richiamo....
"Nei paesi nostri competitor questa lezione l’hanno imparata. In Spagna sono stati capaci di rendere dei gioielli luoghi che per noi sarebbero insignificanti, e hanno calamitato così flussi turistici impensabili. In Francia nobilitano ogni minimo pertugio del proprio territorio, consegnando a ciascuno di essi un’eccellenza. Noi siamo sconfinatamente più ricchi dal punto di vista artistico, culturale, direi anche enogastronomico, ma alla fine siamo rimasti indietro perché non sappiamo valorizzarci. Dallo sport, alla cultura, alla varietà paesaggistica che il nostro patrimonio offre, potremmo vivere di turismo giorno dopo giorno.. Su questo c’è ancora molto da fare".
È compito delle amministrazioni (Regione e Comuni in primis) o anche gli operatori possono contribuire a rendere più attrattive le destinazioni?
"Guardi non vi è niente di più trasversale del turismo. Ognuno può fare egregiamente la sua parte. Noi albergatori facciamo il massimo, ma siamo imprenditori dell’ospitalità e spesso ci scontriamo con ostacoli burocratici estremamente frenanti. E di certo non ci si può aspettare da noi i miracoli, né che possiamo fare ciò che è di competenza delle amministrazioni".
Molti alberghi in Versilia, passata la stagione chiudono. Anche se c’è chi prova a scommettere come ha fatto quest’anno il Principe di Piemonte a Viareggio. Questo può contribuire anche a dare impulso anche al mercato del lavoro?
"I proprietari di strutture ricettive a vocazione stagionale che decidono di restare aperti tutto l’anno, mi creda, sono degli eroi. Certo che il mercato del lavoro ne giova quando accade. Soprattutto in località che, dopo la stagione alta, si spengono. Quindi sarebbe ideale che lo si facesse in tanti. Ma nessuno si chiede mai quanto e cosa costa tutto questo ad un imprenditore del nostro comparto...".
A questo proposito. Negli ultimi anni molti suoi colleghi si sono lamentati perché non trovano personale e imputavano la colpa al reddito di cittadinanza. Era effettivamente così o c’era piuttosto un problema salariale?
"Si vi sono problematiche legate alla carenza di personale: è sempre più difficile per il nostro settore pianificare la funzionalità della propria impresa alberghiera potendo contare sulle giuste forze. Il reddito di cittadinanza non ha certo incentivato i nostri giovani a farsi coinvolgere. Il comparto turistico pretende una presenza assidua, anche nei giorni di fine settimana e nei periodi di festività. Non sempre si è disposti a fare rinunce per il lavoro. Non ritengo che si tratti di un problema salariale, è che la “narrazione” sul nostro settore è sbagliata.. Ci si è abituati a considerare alcuni ruoli nel nostro ambito quasi fossero di serie B. Penso si debba invertire la tendenza e far innamorare i giovani di queste professioni, con la giusta formazione, con l’idea di una prospettiva. E non insistere a demonizzare l’imprenditore della ricettività che, per scelta, si assume il rischio di impresa e sa di dover contare sui propri collaboratori tanto quanto su sé stesso".