Si dice perplessa su tempi, ritardi e risorse investite per la bonifica dell’ex inceneritore di Falascaia. E invita le istituzioni a far chiarezza una volta per tutte. A mobilitarsi, per la milionesima volta in 30 anni di battaglie contro il "mostro", è l’Associazione tutela ambientale della Versila dopo la notizia dell’avvio della terza fase della bonifica, attesa entro giugno.
"Quando si parla di bonifica – scrive l’associazione – si chiude un lungo cerchio iniziato non nel luglio 2010, con la chiusura dell’impianto, bensì nel 1988 quando fu chiuso il primo inceneritore: un area di 27mila metri quadrati risultava altamente inquinata, tanto che il commissario Daviddi dichiarò che andava bonificata prima della costruzione del nuovo inceneritore, ma questo non si avverò.
Inoltre già con il protocollo siglato tra Comune, Provincia e le Generali nel 2015 si parlava di 914.129 euro messi a disposizioni dalla compagnia assicurativa per consentire la bonifica sul torrente Baccatoio e sull’impianto di Falascaia a causa dell’inquinamento causato dagli ex gestori Tev-Veolia: se l’intervento previsto costerà 914.129 euro, articolato in tre fasi, di cui due concluse nel 2017, perché si parla di costi dei materiali lievitati? I costi sono coperti integralmente dalla polizza o no? Perché ci sono voluti 7 anni?
Siamo sicuri infine – concludono – che quei 27mila metri quadrati saranno risanati? Ci risulta che la messa in sicurezza della discarica delle ceneri non sia stata ancora certificata: il percolato della discarica come viene smaltito? Oltre alle scuse, gli abitanti del Pollino si aspettano di veder finalmente riconosciuto il diritto alla salute".
d.m.