Caccia all’autore della rapina: "Abbiamo un identikit attendibile"

Passati al setaccio i bar e i luoghi frequentati solitamente dai balordi che trovano riparo nella vicina pineta

Caccia all’autore della rapina: "Abbiamo un identikit attendibile"

Passati al setaccio i bar e i luoghi frequentati solitamente dai balordi che trovano riparo nella vicina pineta

All’indomani della brutale aggressione subìta sulla marina, al confine tra Torre del Lago e Vecchiano, sono stazionarie ma ancora gravi le condizioni di Massimo B., 64 anni, l’uomo originario di Arezzo che ha avuto la peggio nella violentissima rapina di lunedì sera. L’arredatore si trova ancora all’ospedale di Livorno, dove è stato trasportato d’urgenza e operato per le ferite ricevute. Nel frattempo, le forze dell’ordine sono al lavoro per dare un nome all’aggressore. "Abbiamo in mano un identikit abbastanza preciso fatto dall’altra vittima dell’aggressione", ha detto uno degli inquirenti che si occupa della rapina sfociata nel sangue. Passati al setaccio i bar e i luoghi frequentati solitamente dai balordi che trovano riparo nella vicina pineta.

Un episodio grave maturato in un contesto di degrado, lungo quel tratto di spiaggia libera che potrebbe essere un fiore all’occhiello del nostro territorio. E che invece è diventato terra di nessuno. Ieri, verso l’ora di pranzo, il paradiso e l’inferno sembravano stringersi la mano a vicenda. Arrivati alla sbarra che delimita l’inizio della spiaggia libera, sul versante sud della marina di Torre del Lago, si respiravano vibrazioni positive di vacanza. Una famiglia di turisti stranieri, riconoscibili a prima vista, chiacchierava amabilmente col personale del truck che vende prodotti tipici. Intanto, sotto il sole cocente, ma con un piacevole alito di vento a solleticare le tempie sudate, le famiglie più mattiniere stavano già smobilitando: riposti i teli sui portapacchi, inforcavano le bici e ripartivano verso l’entroterra.

in senso contrario si muoveva invece chi ancora doveva timbrare il cartellino della giornata balneare: per lo più giovani, reduci – a prima vista – dai bagordi della sera prima. D’altronde, è vacanza per tutti. C’è movimento tra gli stabilimenti torrelaghesi. E anche addentrandosi sui sentieri che portano alla spiaggia libera, si seguono le silhouette dei ritardatari, a caccia di una piazzola dove piantare l’ombrello o la tenda. La maggior parte dei bagnanti ha un costume; pochi impavidi hanno le pudenda en plein air. Arrivati sul crinale delle dune, lo sguardo spazia verso mare e restituisce una teoria di azzurri da far calare i battiti. Sembra di perdersi, di fondere la coscienza col calore della sabbia e la tentazione del mare. Uno dei quei momenti in cui il tempo si ferma, incastonando nei ricordi scatti di paradiso.

Alle spalle di questa meraviglia, la pineta. Imboccando i sentieri, la compagnia è nel ronzio degli insetti. Forse hanno caldo pure loro. Man mano che la vegetazioni si infittisce, si spalanca il girone del degrado. Sotto gli alberi, prima in modo rado, poi sempre più fitto, si accalca la spazzatura. E quando le fronde si intrecciano a formare uno spiazzo ombreggiato, puntualmente si scoprono tracce di bivacchi, tra bottiglie di vetro, sporcizia e resti di pranzi, cene e chissà cos’altro. Una bicicletta rotta e arrugginita, sdraiata da chissà quanto sulla sabbia punteggiata di verde, racconta il viavai di personaggi che frequentano le quinte della spiaggia libera. È l’ora di pranzo, il caldo è avviluppante, eppure ce n’è uno, seduto su una sedia bianca di plastica, che ci guarda. Gli restituiamo il "buondì" e tiriamo dritto. Attorno a noi, nel fitto della vegetazione, rumori. La pineta protegge chi preferisce rimanere nell’ombra. Chissà, magari, per saltar fuori all’improvviso.

Marco Principini