GIULIA MEOZZI
Cronaca

Circe della Versilia, il giallo 33 anni dopo. Restano ancora tanti dubbi sulla dinamica

Era il 17 luglio 1989 quando Maria Luigia Redoli uccise il marito Luciano Iacopi

Maria Luigia Redoli, all'epoca definita la "Circe della Versilia"

Viareggio, 17 luglio 2022- Ergastolo, fine pena mai. Così c’era scritto sul certificato di detenzione carceraria di Maria Luigia Redoli,  la signora dai capelli biondo platino, eccentrica, vistosa, eccessiva nei modi e nel look, appassionata di magia nera, conosciuta alle cronache come “La Circe della Versilia”.

Sono passati 33 anni da quella fatidica sera del 17 luglio 1989. Dalla sera in cui Forte dei Marmi, il cuore della movida e della bella vita, si macchierà di un terribile delitto. Nonostante sia passato tanto tempo e Maria Luigia Redoli sia morta due anni fa, sono ancora molti gli interrogativi ed i dubbi che gravitano su quella sera. Era stata condannata all’ergastolo per aver ucciso, insieme al giovane amante, il marito Luciano Iacopi colpito da 17 coltellate. La vittima era un ricco proprietario immobiliare immischiato però in un giro di usura.

Secondo la ricostruzione dell’epoca quella sera la donna, l’amante ed i figli di lei, sarebbero usciti per andare a cena e proseguire poi la serata a ballare nel noto locale “La Bussola”. È proprio nel risicato lasso di tempo che va dalla cena alla discoteca che i due amanti sarebbero tornati a casa. Mentre i bambini attendevano in macchina, Maria Luigia Redoli avrebbe attirato il marito nel garage e lì ad attenderlo ci sarebbe stato il giovane amante munito di coltello.

Ma già prima della condanna, la sua figura prorompente, aveva ampiamente influenzato le opinioni di molti. Gli occhialoni da vamp, le gonne strette e corte, i tacchi a spillo ed il baby amante crearono quell’immagine di dark lady che calzava a pennello con quella di assassina.

Davide Cannella, direttore dell’agenzia investigativa “Falco Investigazioni”, fu procuratore speciale e investigatore privato assunto direttamente dalla Signora Redoli, e spiega: “è stata condannata non tanto in base alle risultanze, ma soprattutto ai pregiudizi per i suoi comportamenti e il suo modo di vivere. Il processo deve basarsi solo su elementi concreti e prove certe non su elementi indiziari. Le tempistiche del delitto non coincidono, tante prove non sono state nemmeno analizzate. Qua, di certezze ce ne sono ben poche. Anche perché, pare impossibile che in un lasso di tempo così corto che va dalle 21.45 circa (orario in cui verranno via dal ristorante) alle 22.05 (l’ora in cui sono stati visti alla Bussola), i due amanti potessero uccidere Iacopi, lavarsi da tutto il sangue senza lasciare tracce e tornare alla Bussola a ballare. Infatti, la simulazione del percorso fatta dagli inquirenti venne effettuata il 10 settembre quando le condizioni del traffico erano completamente diverse da quelle del mese di luglio per una località di mare”.

La Circe della Versilia, che si è sempre dichiarata innocente, fu assolta in primo grado, condannata poi all’ergastolo dalla Corte di Appello di Firenze, sentenza che fu poi confermata in Cassazione. 33 anni dopo i dubbi aleggiano ancora intorno alla dinamica dell’omicidio e, come dicevano i latini, “in dubbio pro reo” nel dubbio, giudica a favore dell’imputato e…. chissà se avevano ragione.