Un settore di eccellenza, quello del florovivaismo, parte del Made in Italy, che ha i suoi poli fondamentali e storici tra Viareggio e Pescia, e che continua a toccare record di fatturato, con oltre 3,2 miliardi di euro, a livello nazionale, e, toscano, con oltre 3 mila aziende che producono un valore intorno ai 900 milioni di euro l’anno. Ma che sta vivendo, e soffrendo, un momento difficile, tra l’impennata dei costi di produzione legata alle tensioni internazionali, pratiche sleali ed effetti di cambiamenti climatici, e arrivi di fiori stranieri da paesi extracomunitari, in aumento del 47%, che però spesso non rispettano le stesse regole europee in materia di tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. "Dobbiamo salvaguardare il prodotto florovivaistico tricolore e toscano applicando il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i fiori che entrano nel nostro Paese rispettino le stesse regole di quelli nazionali in termini di rispetto dell’ambiente e di tutela dei diritti dei lavoratori – sottolinea Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana -. Ma occorre anche l’applicazione del Decreto 198/21 a tutela delle aziende agricole contro le Pratiche Commerciali Sleali, con la conoscenza dei costi di produzione e l’etichettatura d’origine per valorizzare il lavoro dei nostri florovivaisti. Per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici e i sempre più frequenti attacchi di insetti alieni è inoltre necessario promuovere lo sviluppo delle soluzioni di agricoltura 5.0, comprese le Tea, le nuove tecniche genomiche". Ed è proprio per garantire l’origine dei fiori italiani che l’associazione dei floricoltori e fioristi italiani ha ideato e sta promuovendo il marchio "Fiori italiani", sensibilizzando i consumatori.
CronacaConcorrenza sleale. I timori del vivaismo