Viareggio, 7 ottobre 2023 – Con il braccio meccanico i sommozzatori delle ditte Lenci Sub e Underwater Service, coordinati dalla divisione subacquea di Marevivo, hanno sollevato dalle acque del porto grappoli di pneumatici. Vecchi copertoni che venivano usati in un tempo passato, quando il riuso era più una necessità che una virtù, come parabordi lungo le banchine, sui pescherecci e sulle piccole imbarcazioni. Più di cinquanta, caduti in mare e rimasti sommersi per chissà quanto, quelli recuperati nella Darsena Natino grazie al progetto “Mare senza PFU” che da sette anni viene promosso da Marevivo in tutta Italia e per la prima volta, ieri, a Viareggio. Sotto la supervisione della Capitaneria di Porto, con la comandante Silvia Brini .
Gli pneumatici non finiranno in discarica come scarti, ma saranno avviati al corretto recupero e riciclo per creare un’economia circolare. Per farne nuovi pneumatici; o, mescolati al bitume, pavimentazioni fonoassorbente per attutire il rumore del traffico delle nostre città. E ancora gomma per i campi da basket...
Ma là sotto, insieme ai copertoni, si è scoperto che giacciono cumuli di rifiuti. Come testimonia il sottotenente della Marina Militare Davide Brancato , che con il gruppo Comsubin ha partecipato all’iniziativa e si è spinto a fondo per valutare lo stato del fondale del porto . "Essendo un porto in cui da più di vent’anni non viene svolta una pulizia – spiega – abbiamo riscontrato la presenza di numerosi scarti di vario genere. Tra cui matasse di nasse, un barile, anche una bicicletta..." . E adesso il Comsubin invierà "Un report dettagliato – aggiunge il sottotenente Brancato – all’Autorità portuale", responsabile dello specchio d’acqua portuale e della sua cura. Il mare però, custode di storie e antichi tesori, più generoso di quanto lo siamo noi con questa risorsa vitale, oltre ai nostri sbagli e distrazioni ha restituito alla terra anche una sorpresa. Un’anfora che l’archeologa Martina Giannini , della delegazione di Marevivo, colloca a cavallo tra il primo secolo Avanti Cristo e il primo Dopo Cristo. Resta solo la pancia, senza le anse e il puntale, "Ma dalla forma, dalla lunghezza e dalla dimensione – spiega Giannini – potrebbe trattarsi di un’anfora della Magna Grecia, usata per vino o olio, e recuperata lungo le coste dell’Italia Meridionale" almeno quarant’anni fa.
“Questa esperienza, attraverso le immagini e i video girati, verrà portata come una testimonianza nella scuole – spiega l’assessore Rodolfo Salemi –. Come amministrazione, col supporto di Sea, abbiamo infatti deciso di avviare un percorso di sensibilizzazione sulle buone pratiche per il trattamento dei rifiuti e la loro trasformazione in risorse".