Giovanni Lorenzini
Cronaca

Dal seminario al mitra. "Ora sono cambiato. Ma il male che ho fatto non ha giustificazione"

Parla Massimo Battini, condannato per terrorismo e triplice omicidio, dopo la lettera ai familiari delle vittime dell’agguato ai carabinieri del ’75. "Di quell’uomo non è rimasto più niente, anch’io fatico a riconoscermi"

I funerali di stato dei carabinieri uccisi nel 1975 nei pressi di Querceta. Nel riquadro, Massimo Battini

Viareggio, 27 ottobre 2023 – Oggi è un’altra persona. Ma 48 anni fa, all’alba del 22 ottobre 1975, non esitò a sparare raffiche di mitra contro un gruppo di poliziotti, uccidendone tre, che stavano facendo una perquisizione in una casa di Montiscendi, vicino a Querceta: cercavano lui, Massimo Battini.

All’epoca aveva 26 anni, un passato da seminarista, ma poi finito sulla strada del crimine, evaso dal carcere, una fedina penale ricca di reati e condanne, ritenuto responsabile di una serie di rapine che in quell’estate avevano punteggiato il territorio versiliese.

Scontata la pena per il triplice omicidio volontario, chi è oggi Massimo Battini?

"Del ‘vecchio’ Massimo Battini – risponde – non c’è rimasto niente se non nel fisico che muta nel tempo. Anch’io che ho vissuto questa storia drammatica e per certi versi incredibile, riesco a riconoscermi in quel Massimo. Sono in pensione e faccio il volontario in una struttura di disagio sociale a Roma. Parlo poco del mio passato ma quei pochi con cui mi sono confidato sono rimasti stupiti, meravigliati... da non credere".

Quel 22 ottobre 1975 sotto i colpi di mitra e pistola di Massimo Battini (sparò anche Giuseppe Federigi, 20 anni) rimasero senza vita il brigadiere Gianni Mussi, gli appuntati Domenico Lombardi e Armando Femiano, tutti sposati e con figli; venne ferito gravemente il maresciallo Giovambattista Crisci (scomparso due anni fa). Battini venne arrestato e il giorno dopo si proclamò prigioniero politico, appartenente all’organizzazione “Lotta armata per il comunismo”. Anni dopo, arrivò la dissociazione e lo sconto di pena, per gli effetti della legge Gozzini, deterrente contro il terrorismo degli anni di piombo: morale, dall’ergastolo con fine pena mai, a 30 anni di reclusione. "Agli scettici che hanno sempre dubitato della mia dissociazione – dice Battini – rispondo che la magistratura e gli esperti di terrorismo hanno riconosciuto questo status".

Il 2 marzo 2003, Massimo Battini ha vissuto l’ultimo giorno di detenzione.

"Una volta fuori dal carcere – racconta – mi hanno aiutato la chiesa e la Caritas di Roma. Ho lavorato nelle prime strutture per i malati di Aids, nelle case famiglia per ragazze madre e minori. Queste esperienze mi hanno fatto ancora crescere".

Cinque giorni fa, il giorno dell’anniversario della strage di Querceta, Massimo Battini ha scritto una lettera aperta pubblicata dal nostro giornale, ai familiari delle vittime: "Da tempo mi sono speso nel bene, nella solidarietà, nella pace. È con questi ritrovati valori che mi avvicino a chi fu vittima, senza chiedere niente, in silenzio. Non ho chiesto il perdono e non mi aspetto questo da chi fu duramente colpito negli affetti. Solo Dio misericordioso, che conosce il mio cuore, potrà farlo". Ma il silenzio è rimasto tale, come quando nel 1986 scrisse a Crisci chiedendo un incontro. Che non c’è mai stato.