di Gaia Parrini
Eleonora ha trentadue anni, fa l’impiegata e, all’età di otto, ha scritto un romanzo sulle pecore, sognando, un giorno, di fare la scrittrice. Ed è un volantino di un corso di scrittura, trovato casualmente, che la spinge, dopo una vita a sognarlo, finalmente, a farlo. Comincia così la storia di Eleonora, la protagonista di “Come diventare Anna Karenina“, il nuovo romanzo di Eleonora Sottili, scrittrice e insegnante alla Scuola Holden. E comincia così anche la storia della stessa autrice, nata a Viareggio, e proprio da qua, nelle sale di Europacinema, con quel volantino trovato su una sedia, è partito il suo viaggio.
Nata a Viareggio, ma cresciuta a Marina di Carrara. Eleonora, come ha mantenuto il rapporto con la città?
"Sono nata a Viareggio un po’ per caso, perché mia madre era seguita da un dottore che operava al Tabaracci. Ma negli anni il legame l’ho sempre sentito. Settembre è il mio momento preferito per venire. È come una città che brilla, lucida, dai colori chiari e dai tramonti incredibili. Ricordo un pomeriggio con l’aria di burrasca e il sole infuocato: l’aria era dorata. E poi, per me che venivo da Marina di Carrara dove i film arrivavano sempre molto dopo, era la città del cinema. Qui ho visto i primi film di Nanni Moretti, “It“ in lingua originale...Anche adesso che i cinema sono molti meno, ho mantenuto nella mia mente quel ricordo".
Legato al cinema è anche il volantino che dà avvio al suo ultimo romanzo.
"Un pomeriggio, all’epoca di EuropaCinema, andai al Principino che aveva adibito una delle sale alla proiezione, e trovai su una sedia un bigliettino di un corso di scrittura a Pietrasanta, come la protagonista del romanzo, e pensai “proviamo“. Era un periodo critico della mia vita e ricordo questa cosa come se avesse ripescato il sogno da ragazzina che avevo messo da parte".
Era il suo sogno, fare la scrittrice?
"Ero una di quelle bambine timide e paurose. Avevo scritto una poesia che si intitolava “Marzo pazzerello“ sulle variazioni metereologiche di marzo, al che la maestra si esaltò, come mia madre, che da quel momento mi aveva inculcato di fare la scrittrice, parlandomi di Mary Shelley, Virginia Woolf. Mi ero affezionata a quel sogno, ma nel seguito della vita l’ho messo da parte: continuavo a scrivere e pensavo che avrei fatto la scrittrice, ma non facevo niente per farlo".
C’è, però, un romanzo sulle pecore, scritto a 8 anni.
"L’unica cosa tangibile è quel romanzo, una cosa stile Esopo. Ma poi basta. Ero una ragazzina che non leggeva. Ma ricordo i libri che, però, mi hanno cambiato la vita".
Ad esempio?
"“Il conte di Montecristo“ di Dumas, letto a 8-9 anni: trovare, tra tanti racconti edificanti, un personaggio, tutt’altro che mosso da buoni propositi, mi aveva affascinato. Avevo amato “Gita al faro“, forse per il fascino del mare o perché la procrastinazione mi apparteneva e il libro parlava di sogni raggiunti tardi. Mi si è innescata davvero la passione, poi, con Márquez e Kafka, autori molto diversi ma che, per me, fanno la stessa cosa: illuminare la realtà in maniera differente".
Dopo una laurea in Psicologia e un lavoro in ufficio, poi, ha deciso di provare con la scrittura.
"Da quel corso ho rivoltato la mia vita privata, come la protagonista del romanzo. Ed è una cosa che succede spesso a chi si avvicina alla scrittura, perché ti fa fare un viaggio interiore, ti dà più consapevolezza: ha il potere fortissimo di illuminare la realtà e farti vedere cose che non hai visto prima".
Alla Scuola Holden, di cui lei stessa ha frequentato i corsi, ora insegna scrittura creativa. Qual è l’insegnamento più importante che spera di infondere ai suoi alunni?
"Ritrovarsi e riuscire a sperimentare nuove parti di sé attraverso la scrittura. Deve esserci un’urgenza interiore che ti guida, che spinge da dentro, dalle tue ferite, dalle cose non andate bene. Ma che nella scrittura puoi cercare di far andare come invece avresti voluto".
Alla bambina che scriveva romanzi sulle pecore, e alle bambine che sognano di scrivere, cosa consiglierebbe?
"Di svegliarsi un po’ prima (ride, ndr). Di avere più coraggio, buttarsi di più, perché al di là di tutto, che un sogno si realizzi o meno, è già il viaggio, alla fine, il sogno".