Viareggio (Lucca), 22 gennaio 2023 - Ha confessato di fronte alle telecamere: "Per la prima volta non mi sono sentito male e non ho vomitato nel vedere le immagini del calvario di mio padre". Alessandro Meciani, assessore al turismo, ha ricordato così suo padre Adolfo, morto suicida in carcere: fu uno degli innocenti finiti nella tritacarne del delitto Lavorini.
A distanza di anni, le parole di Alessandro Meciani diventano un atto di accusa verso quella parte della città che voleva solo giustizia sommaria (basta vedere le immagini della folla "manzoniana" che circonda la caserma dei carabinieri in piazza Mazzini) e non giustizia vera. E quando Alessandro Meciani è apparso nel programma “Viareggio 1969” andato in onda in prima serata su Rai 3, brividi di commozione sono scivolati sulla pelle delle persone più sensibili a quella tragedia.
Una tragedia che ha fatto tre vittime – oltre a Ermanno Lavorini, anche Giuseppe Zacconi morto di crepacuore e Adolfo Meciani, suicida in carcere – alle quali gli autori del film-documentario hanno dedicato il loro lavoro. “Quando vado al cimitero - ha ricordato Adolfo Meciani - non mi fermo solo davanti alla tomba di mio padre. Ma vado anche da Ermanno, sono distanti cinquanta metri perché c’è un filo che ci lega. Le nostre famiglie si conoscevano e io che all’epoca avevo tre anni, sono cresciuto con l’immagine di questo ragazzino.Me lo sono messo nel cuore, Errmanno E gli voglio bene. E come se fosse cresciuto un po’ con me. Io e lui siamo vittime della stessa tragedia”.
I ricordi di Alessandro Meciani - che proprio quel cognome qualcuno in passato ha voluto boicottare politicamente - hanno continuato ad accompagnarlo giorno dopo giorno. “Mio padre venne convocato nella caserma dei carabinieri la prima volta per sommarie informazioni. A mia madre disse che sarebbe tornato a cena“. Poi è cominciato il suo calvario in carcere, era in uno stato psicologico devastato, lo trattavano con l’elettroshock, ma invece di stare meglio, peggiorava. Fino a quel giorno... Devo dire che è la prima volta sono riuscito a guardare fino in fondo le immagini della tv sul caso Lavorini. Prima dovevo andare in bagno. Il mio stomaco non riusciva a reggere a tanta cattiveria. Stavolta ci sono riuscito, vuol dire che sto invecchiando”.
Ma l’adolescenza piena di tormenti e con addosso gli occhi della città,è stata una condanna ingiusta, di fronte alla quale le scuse postdatate sono solo un palliativo. “C’era gente cattiva - ha ricordato in tv la mamma di Alessandro - che mi scriveva che mio figlio avrebbe dovuto fare la stessa fine di Ermanno”. E forse non erano mitomani, lo pensavano davvero.