REDAZIONE VIAREGGIO

Fervet, la fine e la crisi occupazionale

di Giovanni Lorenzini Da oltre trent’anni – la chiusura è infatti avvenuta nel 1991 – la Fervet (ovvero Fabbricazione e riparazione...

Uno scorcio della Paseggiata di inizio Novecento con il Margherita prima che venisse distrutto da un incendio

Uno scorcio della Paseggiata di inizio Novecento con il Margherita prima che venisse distrutto da un incendio

di Giovanni LorenziniDa oltre trent’anni – la chiusura è infatti avvenuta nel 1991 – la Fervet (ovvero Fabbricazione e riparazione vagoni e tramway) non è più un simbolo industriale di Viareggio: con alle spalle una storia di quasi 90 anni, con momenti di splendore (dal punto di vista occupazionale e anche per l’indosso), la direzione generale di Bergamo decise che era il momento di dire “basta, lo stabilimento va chiuso”, provocando come è facile immaginare una decisa reazione da parte degli operai e anche della città.

Era da tempo che la Fervet aveva cominciato a manifestare segni di disimpegno da Viareggio, l’evoluzione del mercato, le nuove tecnologie che avanzano, aveva piano piano limato il numero degli occupati: le lotte sindacali, con i metalmeccanici della Fiom in prima fila, era sempre state rovente, ancora prima degli anni dell’autunno caldo, 1969 e a seguire.

Quando a novembre 1990, con novantasei dipendenti sulla cui testa aleggiava minacciosa l’ombra del licenziamento, dopo un mese e mezzo di assemblea permanente – incontri con la stampa, sindacalisti e consiglio di fabbrica in continua fibrillazione, la solidarietà concreta della città - e uno sciopero generale della Darsena, cessò l’occupazione dell’azienda di via Indipendenza, ci fu qualche giorno di calma apparente, un cauto ottimismo visto che il Ministero del lavoro aveva assicurato che di fronte alla crisi ci sarebbe stata per lo meno l’attivazione della cassa integrazione.

Facile immaginare con quale cuoricino, i ‘cipputi’ della Fervet e le loro famiglie vivessero quel momento, tanto più proprio in coincidenza con l’atmosfera pre festaiola del Natale e della fine dell’anno. Al alimentare la fiammella della speranza, la notizia che una cordata di imprenditori locali interessati a rilevare la sede viareggina della Fervet. Ma fu un fuoco di paglia.

Perché nonostante la tenacia degli operai, del sindacato (che all’epoca aveva sicuramente più carisma di oggi), la mobilitazione continua di tutta la città, forze politiche e anche la Chiesa, non fu possibile salvare la storica fabbrica e il posto di lavoro degli ultimi 96 dipendenti (nei tempi d’oro anche trecento occupati), lasciando semmai tristi e dolorosi strascichi giudiziari per alcuni processi (in uno in particolare, dove si distinse il compianto avvocato Antonio Vannucci Zauli) che interessavano – come parte lesa – ex dipendenti della Fervet, colpiti dal mesotelioma pleurico provocato dalle fibre d’amianto.

Siccome la storia è un continuo divenire, l’area dell’ex stabilimento della Fervet è diventata nel tempo un polo industriale della nautica da diporto, dove giganteggia un marchio conosciuto in tutto il mondo. Ma il futuro prossimo venturo è legato anche all’asse di penetrazione... Per la città un altro importante capitolo da scrivere