Viareggio, 18 febbraio 2024 – Se n’è andato, per tutti, in un giorno di festa. Una sera chiassosa, esagerata, sguaiata, colorata, trabaccolara (come le sue origini sanbenedettesi). Una notte di quelle che piacevano a lui, di CarnevalDarsena. In cui si perde il conto dei brindisi e degli abbracci. Dei coriandoli e delle paillette. Piena di vecchie canzoni e di vecchi amici e amiche con cui cantare a squarciagola. Franz – al secolo Francesco Latini – se n’è andato all’improvviso, a 48 anni, tradito dal suo cuore grande e fragile come un cristallo. Senza nemmeno avere il tempo di salutare.
E questo non era da lui. Perché se ti incrociava, anche a un chilometri di distanza, Franz ti doveva chiamare – per nome, per cognome (rigorosamente con l’articolo davanti) o per nomignolo – pur di salutarti. E con quella voce inconfondibile, che nemmeno le sigarette erano riuscite a smorzare di un tono, poteva trapassare anche i muri. Ma è con la sua intensa generosità che riusciva ad abbattere ogni diffidenza. Che è riuscito a costruire legami indistruttibili, a farsi parte di una comunità. Ha usato l’arte dell’ironia e del sarcasmo per vivere la sua vita, non sempre tenera, come contraltare ad una sensibilità rara.
Per tutti Francesco era diventato Franz del bar Irene, perché è lì – nel Caffè che tiene allegro il Piazzone – che ha lavorato come barista per tanti anni insieme a Davide Pellegrini. Fino a quando la madre, Regina, si è ammalata, e poi è scomparsa a novembre; e allora si è preso del tempo per stare accanto alla sorella Antonia. Per curare, insieme a lei, quella ferita.
Ma al bar Irene Franz tornava spesso. Perché tra le gente – che fossero i clienti di quel Caffè, o del Palazzetto, i compagni del Cro Darsene, la curva del Cgc, le tavolate con gli amici di sempre e i perfetti sconosciuti, fino all’ultima domenica trascorsa nella folla del Carnevale – Franz stava bene, scacciava ogni malinconia. Sua e degli altri. E tra le gente ci sapeva stare. Quello era il suo elemento naturale, come il mare per i pesci. In mezzo alla gente ci sguazzava allegramente, e con leggerezza sapeva nuotare fino in profondità.
Ti stordiva con una battuta fulminante, farcita di doppi, tripli, anche quadrupli sensi, e poi ti rubava una risata. E quando la sua tracimava, sfacciata, era una festa. Ma Franz sapeva anche ascoltarle le persone, come un confessore ma senza alcun giudizio. Men che mai un pregiudizio. "La sua forza era proprio questa. Sapeva esserci, sempre. Condividendo una risata o un’emozione". "Franz – lo ricorda l’amico fraterno Davide – era goliardico quanto era romantico".
Non a caso aveva eletto il pinguino come suo animale guida, "Perché diceva che i pinguini sono buffi e sono anche monogami, e lui era convinto che nella vita ci si può innamorare una sola volta e quella volta è per sempre". Così, per le feste, agli amici regalava pinguini come pensiero felice e speranza d’amore: pinguini di pezza, di legno, di ceramica... Ne aveva una collezione nella sua casa al quartiere Fontanini, e se li portava anche in giro stampati sulle sue, immancabili, t-shirt. "Che fosse caldo o freddo, agosto o gennaio, Franz penso di averlo visto soltanto a mezze maniche. E al di là dell’aspetto buffo della cosa – ricorda un cliente, uno dei tanti che in queste ore ha condiviso un pensiero – ho sempre pensato che quell’abitudine fosse profondamente legata al suo modo di essere. Franz era uno che non aveva bisogno di coprirsi dietro a nulla. Lo vedevi sempre com’era. Vizi e virtù: pienamente umano".
Mortale , e pure immortale.