Viareggio, 15 gennaio 2025 – Nessuno, per il momento, si sente di escludere la pista delle sette e delle messe nere adombrata dall’arcivescovo di Lucca, Paolo Giulietti, all’indomani del furto sacrilego avvenuto a ridosso delle festività nella chiesa di Santa Maria Assunta alla Migliarina. Né il parroco, don Daniele Ricci, né gli inquirenti, che indagano sull’episodio. E dunque resta aperto, almeno per il momento, il mistero intorno agli oggetti sacri – la pisside con le ostie consacrate, ma anche calici, patene, ciotole – trafugati dal tabernacolo, forzato con un trapano, e della canonica, messa completamente a soqquadro dai ladri.
Di certo c’è che gli oggetti, che fanno parte del corredo che viene utilizzato durante le cerimonie religiose nel rito dell’Eucarestia, non sono mai arrivati (anche qualora vi fossero destinati) sul mercato clandestino che si muove intorno ai fenomeni legati al satanismo. Ma sono stati abbandonati in via dell’Oleificio, alle porte del quartiere Varignano, nella zona intorno agli uffici dell’Inail.
È sul ciglio della strada, in parte dentro ad una busta, e in parte sulle sponde della Farabola, che una pattuglia dei carabinieri ha ritrovato il bottino sacro, riconducendolo immediatamente al colpo che, avvenuto nel pomeriggio di domenica 23 dicembre, ha scosso profondamente la comunità di fedeli. Nell’immediato venne organizzata una messa di riparazione e di adorazione, officiata proprio da monsignor Giulietti, a cui parteciparono in tantissimi. A quel gesto, alle porte del Natale, la comunità volle infatti rispondere con la preghiera. Per depotenziare l’insulto. E per chi si era macchiato dell’oltraggio, affinché ritrovasse la strada.
Nel frattempo è stato ritrovato il bottino. E al termine delle formalità, ieri mattina il comandante della compagnia di Viareggio, il capitano Marco Colella, ha personalmente restituito l’intero corredo sacro al parroco della Migliarina e del Terminetto. “Ed io – ha detto don Daniele – ringrazio l’Arma dei Carabinieri, ed in particolare il comando viareggino, per il supporto e la vicinanza che ci ha dimostrato in questi giorni”. Parla, e ringrazia a nome di tutta la sua comunità don Daniele, ascoltato più volte dai carabinieri che continuano ad indagare sull’episodio per risalire agli autori del furto sacrilego. In cerca di dettagli, anche quelli apparentemente superflui, per riuscire a chiarire i contorni angoscianti di questa storia. Ma sul lavoro svolto fin qui, e sulle risultanze, per il momento c’è il massimo riserbo.
Guardando però da vicino gli oggetti, il parroco si è accorto che alcuni calici sono stati smontati. Svitati. E la sensazione è che chi li ha avuti tra le mani abbia cercato di liberarsi dei metalli meno pregiati per provare a piazzare quelli, apparentemente, di valore. Ma l’unico valore che hanno la pisside, i calici, la patene, le ciotole è simbolico. E forse è proprio per questo che, alla fine, gli oggetti del corredo sacro sono stati abbandonati in strada.