REDAZIONE VIAREGGIO

Gialli e misteri risolti. Due delitti efferati. Polizia e Carabinieri arrestarono i colpevoli

Nel dicembre del 1991 un imprenditore venne ucciso nella sua abitazione. Pochi giorni dopo fu colpito a morte un giovane finanziere in via di Montramito.

Nel dicembre del 1991 un imprenditore venne ucciso nella sua abitazione. Pochi giorni dopo fu colpito a morte un giovane finanziere in via di Montramito.

Nel dicembre del 1991 un imprenditore venne ucciso nella sua abitazione. Pochi giorni dopo fu colpito a morte un giovane finanziere in via di Montramito.

Fu un robusto pareggio, calcisticamente parlando, un 1-1 ricco di emozioni, con tanti applausi degli spettatori – nel caso specifico, l’opinione pubblica – il ‘duello’ per il rispetto della legalità e per far trionfare la giustizia, che vide impegnati su due fronti carabinieri e polizia fra la fine del 1991 e l’inizio del 1992. Una vita fa. Eppure dal 21 dicembre all’8 gennaio, Viareggio e dintorni finirono alla ribalta nazionale (ovviamente ne avrebbero volentieri fatto a meno) per due delitti che generarono non solo dolore e disperazione fra i familiari delle vittime ma anche sgomento in mezzo alla gente comune. Il senso di insicurezza cominciò a farsi largo. C’era bisogno di una risposta energica e decisa da parte di chi – per lavoro – deve trovare i colpevoli.

Carabinieri e polizia ci riuscirono, ingaggiando un ‘simpatico’ duello a distanza: se è vero che la concorrenza stimola, è anche vero che in certe situazioni – come arrestare il colpevole di una reato gravissimo come un omicidio – la collaborazione fra chi fa lo stesso lavoro, sia pure indossando divise diverse, è fondamentale. Ma andò proprio così? Lasciamo il punto interrogativo, un fatto però è sicuro: al tirare delle somme, carabinieri e polizia risolsero il caso. 1-1 e palla al centro.

Il 21 dicembre 1991 a Lido di Camaiore nel quartiere Benelli venne trovato senza vita l’imprenditore Aldo Fontanini, cameraman per passione: qualcuno lo avevo colpito violentemente alla testa con un pezzo di legno, poi – con un gesto inconsueto – aveva messo un asciugamano ripiegato a mo’ di guanciale, sotto la testa della vittima sul pavimento. Quindici giorni prima, Fontanini aveva subito il furto di una telecamera. Chi l’aveva rubata, aveva cercato di venderla. “Non vale nulla perché manca un ‘pezzo’: così è inservibile”. La ricerca di quel ‘pezzo’ ispirò un altro furto nella villa del Fontanini, ma nella seconda occasione, il ladro venne scoperto. La reazione. Il legno. La morte dell’imprenditore. Indagini a tutto tondo (coinvolta anche la polizia municipale di Camaiore), coordinate dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Lucca, Domenico Manzione.

La sera dell’8 gennaio, lungo la via di Montramito, in direzione di Massarosa, il secondo delitto: inspiegabile ma un giovane di 25 anni, il militare della Guardia di Finanza, Luca Moriconi, non potè più riabbracciare il figlio, colpito mortalmente da un proiettile di pistola al collo, mentre in auto, con al fianco la compagna, stava rientrando a casa, nella frazione di Stiava. Un delitto con una caterva di interrogativi perché la vittima era una persona irreprensibile, sul lavoro e fra le mura domestiche. Se nel caso Fontanini, l’’osso’ l’avevano in bocca i carabinieri (la pista buona l’aveva fiutata il maresciallo Giulio Lazzeri), per il delitto Moriconi, in prima battuta c’era la polizia, con in primo piano, l’ispettore Giovambattista Crisci.

Il 18 gennaio 1992 i carabinieri calarono l’asso. “Abbiamo arrestato chi ha ucciso Aldo Fontanini” Conferenza stampa, la liturgia de ‘il caso è chiuso’, foto dell’omicida che viene accompagnato in carcere, strette di mano, encomi, troupe tv scatenate alla ricerca di immagini esclusive. Insomma, la soddisfazione dell’Arma era palpabile anche perché pregustava le ‘paginate’ della stampa locale e nazionale del giorno dopo. C’è da immaginare che nell’allora commissariato di via Cesare Battisti questo ‘colpo’ dei cugini, abbia incentivato gli sforzi proprio in quelle ore per arrivare a pareggiare... il conto. In effetti il pareggio (per la gioia della Giustizia e della comunità) venne siglato in piena zona Cesarini, nel senso che poco prima della mezzanotte l’avvocato Roberto Ciniglio si presentò negli uffici di polizia in compagnia di un minorenne. “Sono stato io a esplodere il colpo di pistola (un’arma da collezione, una Glisenti, in dotazione ai ‘vecchi’ carabinieri reali n.d.c.) che ha ucciso il giovane finanziere” disse il ragazzino fra le lacrime.

Ai giornali, un uccellino svelò che anche il secondo caso era risolto, il tempo per fiondarsi in commissariato, raccogliere le prime notizie, verificarle, in tempo per riaprire le pagine, rimodellare la cronaca alla luce della significativa ‘ultima ora’, e rifare di sana pianta il sommario dove le parole ‘carabinieri’ e ‘polizia’ erano presenti. 1-1 e palla al centro.

Giovanni Lorenzini