REDAZIONE VIAREGGIO

Gino Barbacci, una vita passata in prima linea

Oggi è l’ultimo giorno di lavoro del medico del Pronto Soccorso. "E’ stata la parte più importante della mia vita professionale"

Succederà. State certi che succederà. Perché oggi alla fine del suo turno di lavoro, quando si leverà il camice e poserà lo stetoscopio, una lacrimuccia si farà largo sul suo volto. "Eh, già. È il mio ultimo di lavoro...". E come d’incanto, nella sua mente scivoleranno i ricordi di oltre 35 anni di lavoro, in trincea e sulla barricata della sanità pubblica, a contatto diretto con il dolore e la paura dei pazienti. E al tempo stesso – forse non solo idealmente – si alzerà per un momento il rumore di un grande applauso per dirgli "grazie per quello che ha fatto".

Gino Barbacci, 65 anni, medico in prima linea al Pronto Soccorso dell’ospedale unico della Versilia, va in pensione. Ufficialmente il 1° novembre ma oggi, dovendo recuperare un bel monte di ferie arretrate, dice stop.

"Ho fatto – racconta il medico originario di Ortonovo ma viareggino di adozione – il lavoro che mi piaceva: ci ho messo il cuore. Mio nonno e mio padre erano medici radiologici: era destino che seguisse le loro orme anche se poi mi sono specializzato in chirurgia. Però il Pronto Soccorso è stato la parte più importante della vita professionale. Ho girato in tutti gli ospedali della zona, prima di finire al ‘Versilia’".

In ‘trincea’ dunque, a interfacciarsi subito con le emergenze, con chi contesta perché non viene trattato subito, trovando anche persone insofferenti e manesche, ma sempre con una missione da svolgere.

E’ difficile lavorare in un Pronto Soccorso? Con quale spirito ha affrontato la sua esperienza professionale?

"Certo – risponde Barbacci – , il Pronto Soccorso è terra d’avamposto della sanità. La gente vuole tutto e subito. Ma non è così. Prima vengono le emergenze, chi sta male veramente e rischia la vita. Ma il lavoro mi ha portato anche fuori da quelle stanze. In occasione dell’alluvione che colpì i paesi dell’Alta Versilia nel giugno del 1996, sono stato calato con un verricello di un elicottero dei vigili del fuoco nel paese di Pomezzana, rimasto isolato per le frane: c’era da soccorrere un uomo che aveva un principio d’infarto. In quegli stessi drammatici giorni, un altro intervento, sempre calato dall’elicottero, alle Mulina. Non mi tiravo indietro, non l’ho mai fatto quando c’era da aiutare qualcuno".

Al Pronto Soccorso, in questi anni lei ha visto quasi in anteprima, purtroppo, i protagonisti e la vittime di tante storie di nera…

"Sì, proprio così. Purtroppo…. (si commuove leggermente ndr.). Basti pensare a quel che accadde il 29 giugno 2009. Pochi minuti prima dell’esplosione, c’era un attimo di pace al Pronto Soccorso: eravamo usciti fuori sul piazzale, quando in lontananza c’è stato il bagliore dell’esplosione. Abbiamo subito intuito che era accaduto qualcosa di grosso ma mai e poi mai mi sarei immaginato di vedere quel che, con i colleghi in servizio e quelli rientrati per l’emergenza, abbiamo visto dopo…".

E’ il ‘dopo’ che ha segnato la storia del Pronto Soccorso…

"Certamente. C’è stata una risposta operativa incredibile. Tutti hanno fatto il possibile e l’impossibile. I nostri direttori Sassoli e Rapalini si sono messi a disposizione come barellieri… Una notte a cui ogni tanto ripenso. E che non mi passerà mai di mente. Come credo a tutti coloro che l’hanno vissuta. Ci siamo trovati nel mezzo all’inferno, una corsa contro il tempo per salvare la vita alle persone… Come era accaduto qualche anno prima quando arrivò al Pronto Soccorso, gravemente ustionato, Matteo Valenti… Sono nomi e storie che quando riappaiano nelle cronache provocano ancora una forte emozione".

Il Pronto Soccorso è una frontiera accidentata ma ricca di umanità...

"Certamente. Dove passano migliaia di persone. Spesso anche famose che come tutti i comuni mortali hanno bisogno dell’intervento di un medico: penso a Mariangela Melato, a Renato Zero, a Loredana Berté al pilota Robert Kubica che si era fatto male cadendo nel giardino ghiacciato della sua casa di Pietrasanta. Gente che non se la tirava.. e aspettava rispettosamente il suo turno".

Pronto Soccorso anche come specchio dei tempi: pensiamo alle serate alcoliche di molti giovani come moda degli ultimi anni….

"Certo. E oltre a intervenire, come medico e padre, mi sentivo di consigliare di stare attenti perché gli affetti dei mix di alcool e spesso anche sostanze stupefacenti si fanno sentire nel tempo minando il fisico dei ragazzi…".

C’è qualcosa che non rifarebbe?

"Come tutti, non sono infallibile. Qualche errore l’ho commesso anch’io, ma bisogna essere pronti a rimediare. Credo di esserci riuscito".

Cosa è cambiato negli ospedali, rispetto a quando ha iniziato?

"Prima l’ospedale era più umano, più contatto diretto con le persone. Ora la tecnologia lo ha trasformato in qualcosa di più asettico, tutti siamo diventati dei numeri. Colgo l’occasione per dire grazie a chi ha lavorato con me, medici, infermieri e personale sanitario".

E ora, quale vita si immagina da pensionato?

"Farò il nonno".

Ma mentre lo dice, gli squilla il cellulare e un amico gli chiede una consulenza a distanza per combattere un doloroso mal di schiena. Come dire, andrà in pensione ma la medicina, la sua vita, continuerà a fargli compagnia…

G.L.