
I giovani pensano alla serata come ad un momento unico, senza futuro. E’ per quello che bevono, ballano (e spesso si sballano) senza mascherine, senza pensare alle conseguenze. Fanno così non solo in discoteca. “Per loro il tempo è qui ed ora”, spiega lo psicologo e psicoterapeuta viareggino Emanuele Palagi, che collabora anche con il Sert di Viareggio.
“Alla luce di quello che sta succedendo in questi giorni nei luoghi della movida della Versilia – afferma Palagi – si nota che i comportamenti sono dettati e orientati dal gruppo, dal branco. Se tutti bevono, bevo anch’io. Se tutti si sballano, mi sballo anch’io. Se nessuno portano la mascherina non me la metto neanch’io. I rischi del virus non esistono, perché per i giovani esiste solo il presente, il futuro non c’è. E’ il Carpe Diem dell’adolescenza”.
E allora cosa bisogna fare?
“Bisogna ripartire dalla responsabilizzazione, dal far capire che non è tutto è normale. Se rincorriamo le notti folli del sabato sera, abbiamo sbagliato in partenza. C’è bisogno di un’educazione familiare 7 giorni su 7 e c’è bisogno di esempi. I politici che non mettono la mascherina, che non stanno a distanza e si fanno i selfie sono comportamenti nei quali i teenager trovano una giustificazione. E quindi il problema scompare”.
Non temono di poter infettare genitori, nonni, parenti, amici?
“In quei momenti i bulli e il branco prendono il sopravvento. Se lo fanno loro, allora lo fanno tutti. E poi perché ordinare un bicchier d’acqua quando al solito prezzo, in discoteca, mi bevo mojito? L’alcol abbassa la percezione del rischio”.
Tutti i giovani sono così?
“No, non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. E’ una generazione di ragazzi molto brillanti, si pensi alle battaglie ambientali di Greta. Senza dimenticare il passato, quando ragazzetti come Jobs, Gates, Page e Brin di Google e Zuckerberg hanno cambiato il mondo dal loro garage di casa”.
Allora va bene così?
“In alcuni locali della Versilia si somministrano alcolici ai minorenni, ma sono gli adulti a farlo. E i genitori fungono da parafulmine: ai ragazzi tutto è concesso, non ci sono difficoltà da superare. Siamo nell’epoca del “tutto è normale, è tutto consentito”. Li lasciano giocare a sette anni con il videogioco più violento del momento, gli mettono in mano lo smartphone a due anni per pranzare in tranquillità. Sono i genitori che, in primis, devono essere responsabili. Non è normale che una maestra debba pensare alla reazione del genitore quando dè un voto a un ragazzo”.
Non se ne esce.
“Quando nacque il ’Comitato non la bevo’ pensavamo che i problemi dipendessero dallo sballo dei giovani, ma eravamo sulla strada sbagliata. I giovani sono diventati l’obiettivo del marketing, delle multinazionali e delle bevande alcoliche: poco tempo fa un ragazzino è andato in coma etilico a 15 anni, la colpa è di chi gli ha venduto l’alcol. Si tratta di un problema culturale che non riguarda solo la Versilia, ma tutta Italia. Non ci sono solo le discoteche di oggi, si pensi ai rioni e alle feste di un tempo”.
C’è speranza?
“I giovani hanno bisogno di essere aiutati, c’è bisogno di dialogo, di insegnare a tollerare la noia. Un buon e sano ’no’ è un ‘occasione di crescita“.
Dario Pecchia