
Giustizia per un 66enne: "Aveva diritto a percepire il reddito di cittadinanza"
E’ finito a processo con l’accusa di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. Ieri mattina il giudice ha assolto – perchè il fatto non costituisce reato – D.G. 66 anni di Seravezza, che ha così concluso un’odissea cominciata nel 2019 quando ha presentato la prima domanda (di una serie lunghissima) per avere il sussidio a lungo negato, tra residenze che risultavano ’inesistenti’ in Italia e errori sulla valutazione dei requisiti. E quando l’ha ottenuto, si è trovato alla sbarra. Il sessantenne, disoccupato, nel marzo 2019 ha fatto la prima istanza per avere il reddito di cittadinanza: domanda rigettata dall’Inps perchè non rientrante nella fascia Isee. D.G. ha ripresentato nuova richiesta a fine 2019 senza risposta. Poi ha scontato una detenzione in carcere per reati contro la famiglia e appena è uscito, nel marzo 2020, ha riformulato per la terza volta la domanda. E poi ogni mese fino alla fine del 2021 con continui dinieghi da parte di Inps che ha contestato che l’uomo dal 2020 al 2022 non risultava, dalla banca dati, essere abitante in Italia, pur avendo regolare residenza a Seravezza. Solo quando quest’ultima circostanza è stata dimostrata (nel periodo contestato aveva anche utilizzato la tessera elettorale per andare a votare) si è finalmente sbloccata l’erogazione del reddito di cittadinanza.
Ma la trafila non è terminata visto che, a quel punto, la vicenda ha assunto contorni penali: D.G. infatti si è trovato a processo per indebita percezione del sostegno economico visto che, secondo l’accusa, il fatto di non aver inserito nelle domande di essere stato in carcere, era elemento di decadenza. "Il giudice ha accolto la nostra posizione – evidenzia l’avvocato Gianluca Pajatto legale del seravezzino – dal momento che non solo il mio assistito quando aveva inoltrato la prima domanda non aveva avuto alcuna misura restrittiva, ma la sua carcerazione non ha riguardato reati finanziari o contro lo Stato, che sono quelli che inibiscono la percezione del reddito di cittadinanza. Tanto che l’Inps ha sempre obiettato solo l’assenza di residenza nel Paese". Ma la faccenda promette di non finire. "Valuteremo in altre sedi – prosegue l’avvocato Pajatto – il motivo per cui il mio assistito non risultasse essere residente in Italia. Qualcuno ha sicuramente sbagliato nell’aggiornamento dati".
Francesca Navari