SERENA PUOSI
Cronaca

Gombitelli, isola linguistica

Siamo nel comune di Camaiore, sul crinale del Monte Calvario, una delle ultime propaggini a levante delle Alpi Apuane, dove...

Gli stretti vicoli di Gombietelli

Gli stretti vicoli di Gombietelli

Siamo nel comune di Camaiore, sul crinale del Monte Calvario, una delle ultime propaggini a levante delle Alpi Apuane, dove le colline separano la Valle della Freddana da quella della Pedogna. Da un’altitudine di circa 500 metri sul livello del mare e circondata da boschi, la costa sembra un’idea lontanissima, ma in realtà Gombitelli dista dalle spiagge della Versilia 12 chilometri in linea d’aria.

Gombitelli, col suo centinaio di abitanti, potrebbe essere un paesino come tanti altri, se non fosse che un cartello su sfondo marrone attrae l’attenzione di coloro che passano dalla via alberata di Montemagno. Il cartello recita "Gombitelli – Isola linguistica" e approfondendo si scopre che in questo angolo autentico della provincia di Lucca si è sviluppata una lingua con una matrice gallo-italica che si parla (o meglio parlava, perché ormai è in disuso) solo qui. Gombetea – così si chiamava il borgo nella lingua locale – è un’isola fonetica in cui fino agli anni Cinquanta si usava un dialetto di difficile comprensione per un orecchio non allenato. L’origine di questa unicità rispetto ai paesi limitrofi è probabilmente da ricercare nel tentativo di ripopolare questi territori decimati dalla peste con persone provenienti dal nord Italia. Fu così che nella seconda metà del XV secolo gente senza fissa dimora, spesso mercenari al seguito di eserciti di passaggio, si fermarono a Gombitelli per lavorare il ferro e fabbricare armi e chiodi, creando al contempo un nuovo idioma con influenze lombarde, piemontesi ed emiliane.

Documenti storici sul paese testimoniano l’importanza della lavorazione del ferro a Gombitelli, i cui cui fabbri erano considerati maestri in tutta Italia tanto da rifornire di chiodi tutti gli scarponi dei soldati dell’esercito italiano durante la guerra del 15-18. I chiodi, detti gavorchi, per la necessaria velocità di realizzazione che lo sforzo bellici richiedeva, uscivano dalle botteghe artigiane l’uno diverso dall’altro, tanto da far entrare nell’uso dialettale la parola "gavorchio" come sinonimo di "brutto e fatto male".

Oggi a Gombitelli non si parla più il dialetto né ci sono fabbri a portare avanti la tradizione, e la prima cosa a cui si associa il paese è la produzione di salumi e insaccati, tra cui il biroldo, la mortadella nostrale e il lardo rosa.