Grossi, una vita al servizio degli altri

Anchise Grossi, dirigente comunale di Viareggio scomparso dieci anni fa, è ricordato per la sua professionalità e passione nel servire i concittadini. Figlio di un noto pilota motociclistico, ha lasciato un'impronta positiva grazie alla sua empatia e dedizione al lavoro pubblico.

Grossi, una vita al servizio degli altri

Grossi, una vita al servizio degli altri

Aveva l’aria paciosa e al tempo stesso professionalmente rassicurante, forse anche un po’ sorniona, di chi conosce non solo il suo lavoro come le sue tasche, ma anche l’animo umano. Gli bastava uno sguardo per decifrare – e spesso dopo poche battute ci coglieva in pieno, come avrebbe detto il ‘sommo’ Camilleri – l’interlocutore di turno: Anchise Grossi, scomparso nel febbraio di dieci anni fa, è stato un dirigente del comune di Viareggio, con incarichi di grande responsabilità (è stato anche vice-segretario), che ha lasciato una scia di piacevolissimi ricordi in quanti lo hanno conosciuto e apprezzato professionalmente, non solo nella sua famiglia. Viareggino nel cuore e nell’anima, ‘sentiva’ il lavoro come una missione, al servizio degli altri, dei concittadini, senza distinzione di... dichiarazione dei redditi, così come si richiede a chi ricopre un ruolo pubblico all’interno dell’ente locale.

Di questo suo modo di assolvere il compito per il quale era pagato, era giustamente orgoglioso. E fino a quanto è rimasto al pezzo, si è sempre speso con passione e disponibilità. La sua voce si faceva sentire anche all’interno delle stanze del Palazzo della politica, spesso gli assessori gli chiedevano consigli “perché tu hai il polso della gente, vivi la città come pochi altri”. E di questa investitura, Anchise Grossi andava giustamente orgoglioso. Figlio di quell’Ugo Grossi, che non è solo stato un grande pilota motociclistica ma lo storico primo gestore del ristorante Zi’ Rosa Anchise Grossi fin da ragazzino aveva capito quanto era fortunato di vivere a Viareggio e dintorni negli anni ruggenti: aveva conosciuto tanti personaggi del mondo dello spettacolo e dell’informazione che frequentavano il locale di suo padre (lo Zi’ Rosa era il ristorante preferito dai giornalisti che seguirono alla fine degli anni ‘60 il caso Lavorini). Curioso e empatico com’era, Anchise aveva fatto amicizia con molti protagonisti di quell’epoca. Poi lo studio. E il lavoro. Assolto con slancio, con quella convinzione – da dipendente comunale – di essere al servizio degli altri. Un concetto che ribadiva quando ricordava l’etimologia della parola ministro. “Al servizio di...”. Come dire che chi ha un incarico pubblico sia ministro, assessore o anche dipendente di un ente pubblico, deve essere al servizio degli altri. Era una sorta di suo mantra. E anche per questa la lezione postuma di Anchise Grossi vale la pena di essere conosciuta e magari tenerne di conto per il futuro.