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"In coma e coi polmoni a pezzi. Ce l’ho fatta, ma la notte ho incubi"

Il terribile racconto di Manuela Catelani, moglie e madre accolta al ritorno a casa con gli striscioni dei familiari

Lo striscione alla Torraccia che ha accolto la donna al ritorno a casa

Pietrasanta, 21 aprile 2020-  ”La sera non riesco a prender sonno, ho paura di risvegliarmi in una stanza d’ospedale, di nuovo da sola lontana dalla mia famiglia, ma sono felice perché ho sconfitto il Covid-19”. Manuela Catelani ha fatto ritorno nella sua casa alla Torraccia, a Pietrasanta, accolta dagli striscioni dei familiari. Ha 58 anni ed è la storica bidella delle elementari ‘Bibolotti’ di Tonfano nonché moglie di Mario Chelli, presidente della contrada Brancagliana. Ha trascorso 39 giorni in ospedale, dall’11 marzo al 18 aprile, prima al Versilia e poi a Cisanello: i familiari, sul cancello di casa, l’hanno accolta con lo striscione ‘Bentornata guerriera’.

Il suo racconto è drammatico: “Ho cominciato a stare poco bene il 2 marzo, con febbre a 38. Poi la temperatura è scesa, mantenendosi per diversi giorni tra 37 e 37 e mezzo. Sono stata visitata da ben due dottori, i quali mi hanno prescritto antibiotici, ma continuavo a sentirmi affaticata e mangiavo pochissimo. Se sono viva lo devo al dottor Daniele Spina, il mio ex medico in pensione che mi ha prescritto una radiografia. Ho fatto le lastre al Versilia, e hanno accertato la mia positività al Coronavirus. Avevo i polmoni fuori uso, con gli alveoli otturati al 34%. Mi hanno detto che da quel momento non avevo più potere decisionale e mi avrebbero intubato inducendo il coma farmacologico. Ho avuto tanta paura, avrei voluto parlare con mio marito Mario e mio figlio Alessandro, anche per pochi minuti. E’ stato bruttissimo, poi è arrivato il blackout fino al risveglio”.

Dopo, Manuela non ricorda nulla: “Non ho fatto sogni né percepito la famosa ‘luce’ che qualcuno dice di aver visto durante il coma. Se fossi morta non me ne sarei accorta. Ma ora la sera non riesco a prendere sonno: ho paura di chiudere gli occhi e riaprirli ritrovandomi in quella stanza, da sola e senza nessuno a parte i medici. E’ un incubo che non riesco a togliermi dalla testa, la solitudine mi ha straziato dentro, col mio lavoro ero abituata a stare in mezzo ai bambini. Ma ce l’ho fatta e adesso, con calma, devo superare questo shock. Fisicamente sto abbastanza bene, ma ho ancora quindici giorni di quarantena e cure per non rischiare una ricaduta. Mi hanno praticato la tracheotomia e per recuperare pienamente la mia voce, che è ancora fioca, il buco deve pian piano restringersi. Prendo anche il cortisone e altri medicinali, ma soprattutto ho di nuovo davanti a me la mia famiglia: dal ricovero dell’11 marzo ho potuto parlare con loro al telefono soltanto il 6 aprile. Non avrei mai voluto farli stare in ansia così tanto tempo: l’Asl li ha chiamati il 22 marzo dicendo che ero peggiorata, non oso pensare cosa abbiano provato.Ecco perché oltre al dottor Spina desidero ringraziare mio marito, mio figlio e tutti coloro che hanno chiesto di me in questi 39 giorni. Hanno aiutato i miei familiari a tener duro, grazie a loro ho trovato la forza di reagire. Ringrazio anche medici e infermieri, naturalmente: non vedo l’ora di tornare alla normalità”.  

Daniele Masseglia © RIPRODUZIONE RISERVATA