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Il Carnevale di quest’anno è stato dedicato dalla Fondazione al tema della pace. Per giovedì grasso anche un flash mob prima del corso
Si respirava nell’aria, portato dalla brezza leggera che smuove le bandiere dei rioni e del Burlamacco che colorano i terrazzi e le strade della città, e dal calore del sole che ha abbracciato, già dal mattino, la domenica mattina di una Viareggio in preparazione, tra passi, voci, canti scaramantici e turisti che, zigzagando tra carri e carrette in uscita, hanno animato dalle prime ore della giornata di ieri gli hangar della Cittadella.
Quel sentimento di pace e di leggerezza, e di sospensione del tempo, anche solo per quelle poche ore in cui Viareggio si tinge di festa, e di un mondo che, fuori, continua a scorrere troppo veloce, troppo frenetico. Un sentimento e un messaggio universale, quello di pace, di cui lo stesso Carnevale in quest’edizione si è fatto portavoce, non solo lanciando, come con un pugno di coriandoli, un inno di speranza per la fine di conflitti mondiali, ma anche costruendo quel mondo di colori, gioia e armonia collettiva che rapisce e unisce. E che è anima e linfa della manifestazione stessa, in quelle tre ore di "universa frenesia", tra movimenti, maschere e le opere dei carristi.
E proprio quegli artisti, che fino a martedì sfileranno sul lungomare, e che per primi si fanno ambasciatori di messaggi importanti, con chi vorrebbero farla, se fosse possibile, la pace? "Col mondo", risponde, frettolosamente, pronto a portare sul lungomare la Giorgia Meloni della sua "Per una sana e robusta costituzione", Alessandro Avanzini. "È una parolona, pace - aggiunge Massimo Breschi - Bisognerebbe essere bravi a essere in pace con noi stessi prima di tutto, diplomatici e meno aggressivi nelle situazioni che il mondo di oggi porta. Con chi potrei farla? Forse con chi non c’è più e a cui non si è potuto dire le ultime parole: persi mia madre giovane e non ho avuto tempo di parlare e chiarire delle cose". "In parte l’ho fatta con mio fratello, con cui ho avuto diverbi per motivi di lavoro. Ma sono una persona pacifista e mi faccio gli affari miei", racconta Luigi Bonetti sul rapporto con il fratello Uberto. In un sentire comune e in un clima disteso, che, proprio in linea con il tema di quest’edizione, si respira da hangar ad hangar, dove di spazio per la polemica intercarnevalesca, sembra essercene poco. È uno stare, in pace, appunto, con tutti, con screzi reciproci che possono essere, al massimo, "a degli sfottò", quello che domina. Da Lorenzo Lombardi a Jacopo Allegrucci che "abbastanza in pace con il mondo", dice, quella carta sceglie di tenerla come bonus, "come i cartoncini del Monopoli, in caso di imprevisti". Da Fabrizio Galli, che proprio in nome della pace ha realizzato il carro di seconda categoria "Gli ultimi eroi dell’innocenza", a Luca Bertozzi, forse il più mite tra i maestri della cartapesta, che soltanto qualche settimana fa si sfogò sui social in difesa della sua "Grande Condottiera". "Quella è stata forse l’azione più ruvida della mia vita - dice Luca Bertozzi - Per quello, più che far pace, chiederei scusa, se può esser passato come un’offesa ai colleghi".
Ed è anche un grido collettivo, contro un un mondo, oltre cartapesta, in cui invece di pace sembra essercene sempre meno, quello che si alza non solo dalla Fondazione ma anche dai carristi stessi. Dalla rabbia di Roberto Vannucci contro il nuovo, di nuovo, presidente degli Stati Uniti, alla speranza dei Cinquini per una pace generalizzata. E dall’invito di Elodie Lebigre a essere, sempre, accoglienti, in una tempesta d’odio, al desiderio di Matteo Raciti di poter fare pace, con tutto quest’odio. "Perché è un sentimento che crea tossicità e il seme di una società che non funziona. E dove non funzionano gli individui, non funziona nemmeno la società".