Sarebbe un sogno poter tornare “Indietro come i gamberi“ nel tempo. Con quel marchingegno, la realtà virtuale, "che ti par di esse lì, come per davero se ci voi rianda’". E ritrovarci ancora nella platea gremita del teatro Politeama, del quale non è rimasta più nemmeno la targa, mutati per la grandi occasioni. Ad aspettare l’apertura del sipario sulla Canzonetta della Burlamacco ’81; in cui Claudio Morganti, capocomico della compagnia, non ha mai indossato una maschera, ma ha prestato il suo volto ai caratteri della città. Perché sul palco, come nella vita, il Morganti ha fatto sempre il viareggino tra i viareggini. Di quelli nati all’ospedale Tabarracci: "Dove magari si sbaglino e ti danno il figliolo di vella accanto, dove ci sono più burbiglioni che dottori, e dove se ti ricoveri per le tonsille ti ritrovi senza le palle". Ma almeno "Se ci sorti con i piedi davanti, sei morto con nell’occhi il verde della tu’ Pineta e nel naso il profumo dei macchiati del bar Lencioni". Lo sketch è del 1995, l’anno di “Gratta gratta tanto ’un vinci“, e di viareggini così non ne nascevano già più. Perché il reparto maternità di via Fratti aveva chiuso, trasferito a Pietrasanta. Allora il Morganti, con la parrucca e un pancione di gommapiuma, vestiva i panni della partoriente: "Sono di diciotto mesi. Perché a Pietrasanta ’un ce lo vo’ fa’, un ce lo vo’ fa’, un ce lo vo’ fa’". Tre volte, come i punti del miglior tiro nel basket. Alla battuta ci arrivava così, con la rincorsa. Come il playmaker a canestro. Rosicchiando rapido ogni parola, per sentir esplodere Viareggio in una risata. E lì, nel buio della platea, a sentirlo c’era davvero tutta la città: negli anni d’oro del teatro vernacolare oltre ventimila persone per sedici serate di replica. Sul palco, invece, ce n’era per tutti: dai primi agli ultimi, gli amministratori e i comunali. Pelo e contropelo, soprattutto ai lucchesi. A proposito di pelo; memorabile la parodia di “Roberta Pelle“ in “Mettici un toppino“ (era il 1989) col Morganti nel ruolo di Mamma Franca, regina delle pellicce e delle televendite. Per la Zoria "Abbiamo fatto una stola di puzzola e cartone"; Il sindaco? "L’ha voluta di Gingillà". E poi "Serviamo anche lo 007 della Versilia, il Colzi (Mario, investigatore privato): “L’ha voluta di volpe, tanto è furbo“. E al Maccioni? "Lu’ ha preso una scimmia". Dritto verso il canestro: "Ma da quando serviamo anche i lucchesi, in magazzino ’un c’è rimasta più nemmeno una pelliccia di pidocchio". Perché alla fine si cascava sempre lì, di là dal Monte. E sul finale di carriera al Morganti gli è toccato anche farci pace con un lucchese, diventato sindaco di Viareggio. Ma non c’era niente e nessuno con cui, e su cui, non sapesse scherzare. Nemmeno con la morte. In “Fattelo di’ da un bischero“ (1993) faceva il vedovo, sulla tomba della moglie: "Tutta casa, chiesa e telefono. Delafia quanto telefonava. Arivavino di velle bollette, scommetto che manca tanto anche alla Sippe". E mancherà, tanto, il Morganti a Viareggio: più del Tabarracci e del Politeama. come il Casani, il Malfatti, il Lenci... Senza di lui sarà più triste “Tira’ a campa“.
Martina Del Chicca