
Il collezionista di stelle. Forti emozioni in sala col film sul mito Bernardini. Una stagione irripetibile
Un tavolo colmo di cartoline, fotografie e grandi nomi. Una lunga lista di star italiane e internazionali e un solo luogo: la Bussola di Bernardini. Cos’è stata la Bussola? Chi è stato Sergio Bernardini? Interrogativi a cui "La Bussola – Il collezionista di stelle", documentario di Mario Bernardini e di Andrea Soldani, alla regia,fino a stasera nelle sale dopo essere stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, risponde tratteggiando, su più livelli narrativi, la storia di un locale, quella dell’uomo alla sua ideazione, la storia della musica italiana e internazionale e il racconto di una società che cambia e si trasforma. È la voce di una speaker radiofonica contemporanea, unico elemento finzionale creato dalla scrittura di Bernardini e Soldani con Giuseppe Scarpa e Simone De Rita, a introdurre, con una scatolone pieno di ricordi, la narrazione di una vita e a indicarne le tappe.
Sono tre le tappe fondamentali in cui il documentario si snoda, tre gli "spari" che segnano l’avventura di Bernardini e della Bussola. L’attentato a Togliatti del 1948 e la vittoria del Tour de France di Bartali che calma gli animi e permette a Bernardini di cavalcare questa calma, inaugurando la sua bottega di stelle nel 1955. Il colpo di pistola a Soriano Ceccanti nel 1968, quando sull’onda dei primi movimenti universitari la Bussola viene presa di mira come simbolo borghese da contestare, e che porta Bernardini a doversi inventare un nuovo modo di fare spettacolo, con la prima tenda italiana, la Bussoladomani. E, infine, il colpo definitivo, non un vero e proprio sparo, ma altrettanto feroce e doloroso: la bestemmia di Leopoldo Mastelloni durante Blitz, che mette la parola fine all’avventura della Bussola e di Sergio Bernardini, ma non alla sua fama, al suo lascito e all’affetto di chi, come amici, familiari e artisti, ha calcato quel palcoscenico luccicante.
Filmati e fotografie d’archivio ripercorrono la novità e il genio di un uomo che ha saputo anticipare la moda, il costume e il gusto musicale cambiando il modo di rapportarsi agli artisti e abbracciando l’eccellenza internazionale e nazionale: Ella Fitzgerald, Aretha Franklin, The Platters, Chet Baker, Marlene Dietrich, Donna Summer, Barry White, Fred Buscaglione, De André, Renato Zero, Mina, e non solo, rappresentano 30 anni di una Versilia spumeggiante e viva, come non lo è stata più. Un "come eravamo" raccontato dalle voci di personaggi quali, tra i tanti, Gino Paoli, Stefania Sandrelli, Ornella Vanoni, Vito Tommaso e dai figli e dagli amici dell’imprenditore, che puntano i riflettori su un uomo che, per tutta la vita, li ha lasciati agli altri, in un documentario, come ha affermato uno spettatore tra la folla al cinema Goldoni alla prima proiezione, "il cui unico difetto è l’emozione".
Ed è stata proprio l’emozione a dominare fuori dalla sala, tra chi, sullo schermo, ha scoperto nuovi aneddoti, e chi ha ritrovato qualcosa di sé. "È stato un amarcord – ha raccontato Carlo insieme alla moglie Anna – Abbiamo ripercorso i tempi della gioventù, quando venivamo a vedere Miguel Bosè e quando Anna recitava sul palco della Bussoladomani con la compagnia del Teatroupe. La descrizione sotto ogni lato, umano e lavorativo, inoltre, è stata davvero bella". Una descrizione che "finalmente – hanno detto Franco e Danilo – valorizza il personaggio di Sergio Bernardini come merita. Di un genio, per molto tempo, sottovalutato"