Poiché il futuro del Carnevale va ricercato nella sua storia, attraverso la valorizzazione delle peculiari caratteristiche che formano i suoi aspetti tradizionali e culturali, proviamo a dare uno sguardo al passato e vediamo, ad esempio, cosa proponeva nel 1925, cento anni fa, la manifestazione viareggina. La data non è casuale perché allora, superata la fase pionieristica, che possiamo definire la ’preistoria della festa’, ci si avviava all’affermazione della festa che, come si scriveva nella rivista ’Viareggio in maschera’ di quell’anno, ’può gareggiare in fatto di corsi mascherati, con il carnevale nizzardo, ed anche superalo’.
Nel 1925, il programma del Carnevale, fu pubblicizzato dal primo manifesto ufficiale della manifestazione, disegnato da Guglielmo Lippi Francesconi, e che viene riproposto quest’anno, cento anni dopo. Infatti, il 22 agosto 1924 la Giunta municipale di Viareggio aveva bandito un concorso per pubblicizzare il Carnevale del 1925, mettendo in palio una medaglia d’argento e la somma di lire 300. Il concorso, aperto agli artisti viareggini e “stranieri”, richiedeva la presentazione di un bozzetto a soggetto “allegorico e di carattere puramente carnevalesco”. Il 5 ottobre dello stesso anno, la commissione giudicatrice, di cui facevano parte Luigi Leonzi, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, Galileo Chini, il pittore Giuseppe Viner e l’ingegner Alfredo Belluomini, esaminò i 14 bozzetti presentati e dopo una prima selezione prese in considerazione tre lavori contraddistinti dai motti ’Prime battaglie’, “Son la Perla del Tirreno” e “Avanti Rosso ebbro carnevale del mare”. La scelta cadde su quest’ultimo, ritenuto “unico atto all’esecuzione”, opera di Guglielmo Lippi Francesconi, allora studente universitario.
Il manifesto il 6 dicembre 1924 “trovavasi già in corso di stampa” e il bozzetto fu utilizzato anche per la copertina della rivista ’Viareggio in maschera’ del 1925. Questo “cartello reclame” propone una composizione grafica incentrata sulla figura in primo piano di un giovane “eroe del veglione”, in frac e tuba rossi, che si muove a passo di danza su uno sfondo di vele rosse e gialle che svettano su un cielo azzurro, quasi a rimarcare lo stretto rapporto fra la realtà di festa popolare e i contorni di mondanità del carnevale di Viareggio e le peculiari radici culturali e storiche della città legate al mare, che hanno da sempre caratterizzato lo spirito della manifestazione e che sono state alla base del suo successivo sviluppo.
Poi, per il rifiuto di fornire alle SS la lista dei pazienti di origine ebraica fu costretto a trovare rifugio con la famiglia nel paese di Vecoli per poi dirigersi verso la certosa di Farneta, dove i primi giorni di settembre del 1944 fecero irruzione le SS tedesche che il 10 settembre lo uccisero con due colpi alla nuca. A ricordare il sacrifico del medico artista il 28 gennaio 2021 è stata posta una pietra d’inciampo davanti al Manicomio di Maggiano. Nel 1925, ad organizzare la festa fu un “Comitato Festeggiamenti’ presieduto da Arturo Morandi, vice presidenti Sem De Ranieri e Pietro Tofanelli, segretario Leandro Balena, tesoriere Francesco Settepassi, consiglieri: Ippolito Balena, Ernesto Tolomei, Guido Baroni, Ruggero Pacifici, Giuseppe Billet e con la partecipazione dell’assessore Alberto Sargentini.
Quel manifesto pubblicizzò un’edizione carnevalesca veramente straordinaria, a partire dall’apertura della manifestazione, caratterizzata da una sfilata nel canale Burlamacca, con un corteo di imbarcazioni addobbate al seguito di Re Carnevale, che metteva in risalto l’origine marinara della festa. I corsi mascherati furono due, domenica 22 febbraio e martedì 24.
Dopo il rituale colpo di cannone ed il taglio del simbolico nastro di apertura, da parte del Sindaco, 12 carri, fra grandi e piccoli, 10 mascherate e oltre 200 fra carrozze ed automobili, sfilarono per oltre tre ore sui viali a mare in mezzo adna “fiumana di popolo esultante”: oltre 100 mila persone grazie ad una giornata di sole primaverile. Antonio D’Arliano, che si aggiudicò il primo premio, propose “I cavalieri del carnevale”, tre eroi del buonumore che affrontando un lungo viaggio, approdavano nella capitale dell’allegria. Il carro è importante perché presentò il primo uso della carta a calco, impropriamente “cartapesta”, nella realizzazione delle strutture carnevalesche, tecnica che permise costruzioni sempre più grandi e spettacolari. Antonio D’Arliano disse: "Fummo il Pardini e io a rinnovare la tecnica costruttiva dei carri. Prima le figure erano fatte con un’armatura di stecchi e fil di ferro. Ci mettevamo la carta sopra, a strati, alla bell’e meglio come potevamo. Con le forme di creta il lavoro divenne più valido. Del nostro modo di fare la cartapesta non è cambiato niente". Oggi, questa affermazione è meno realistica se si considera che questa tecnica è stata sostituita dall’uso sempre più diffuso di altri materiali.
Fu infine proclamata canzone ufficiale del carnevale 1925 “Baccanale scapigliato“, di D. Cortopassi, un inno a “Viareggio sogno di primavera” che propone nel ritornello “Beviam, brindiamo al Carnevale”, un evidente richiamo allo spirito del carnevale di quell’anno, in piena sintonia con il messaggio che anche il manifesto di Guglielmo Lippi Francesconi aveva evidenziato.
*storico