MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

Il mondo degli invisibili: "Non aveva cellulare. E non l’ho mai sentito parlare di casa sua"

Said Malkoum, la vittima, era arrivato non ancora ventenne in Italia. Lo ricorda un connazionale, Amor, parcheggiatore in Darsena. "Qualcuno ha equivocato pensando che fossi io la persona morta" .

Qualcuno ha deposto un mazo di fiori nel punto in cui è morto Said

Qualcuno ha deposto un mazo di fiori nel punto in cui è morto Said

Qualcuno ieri mattina ha lasciato dei fiori, un rametto di bouganville raccolto da un giardino, sul marciapiede di via Coppino dove Said Malkoum ha incontrato la fine. Un gesto di umanità, lì dove la ragione, in una domenica sera di pioggia, si è smarrita. E probabilmente Said non era neppure il vero nome di quell’uomo che ha pagato con la vita l’errore, compiuto in un giorno senzadomani, di una rapina. Travolto quattro volte con l’auto, e lasciato a terra a morire, dalla vittima diventata carnfice. Per quella borsetta arraffata in una sera burrascosa.

Tutta la sua storia appare indefinita, come i contorni dell’unica fotografia – una foto segnaletica di un fascicolo giudiziario ancora aperto – che ne mostra il profilo sfumato. Capita spesso che chi arriva da clandestino in Italia tagli i ponti con la sua identità passata, che s’inventi un nome e un’origine diversa per sfuggire agli ordini di rimpatrio. Lui, quando a metà degli anni Novanta è arrivato a Viareggio (così si racconta nella comunità magrebina), diciottenne o poco più in cerca di qualcosa, aveva scelto di essere “Said, dall’Algeria“. Ma poi non era riuscito a reinventarsi una possibilità. E si è perso nel purgatorio dei fantasmi, senza documenti, origini e orizzonte, che sopravvivono di "espedienti", come ha raccontato il suo avvocato Enrico Carboni.

"Non aveva neppure un telefono in tasca, non l’ho mai sentito parlare con un suo familiare" ricorda, di quell’uomo dal profilo sfumato, Amor: il parcheggiatore dai capelli d’argento che erroneamente qualcuno in questi giorni convulsi ha scambiato per la vittima. Per Said. Rivedendolo davanti al Comune, o nei pressi della chiesina dei Pescatori in Darsena, dove Amor dall’Algeria s’è inventato operatore della sosta, in tanti in queste ore lo hanno avvicinato. "E ho ricevuto anche tantissime telefonate, pensavano fossi morto..." ci racconta, sorpreso dall’equivoco.

Amor “il parcheggiatore“ un cellulare ce l’ha, e anche una sorella che vive in Lombardia insieme ai quattro nipoti che nel Nord hanno studiato e si sono fatti una posizione. E di cui, da zio, parla con orgoglio. "Ma qui Said non credo avesse qualcuno", prosegue Amor, straniero ormai di casa di qua e di là dal Molo. Di cui qualcuno, non vedendolo, non sentendolo, si preoccupa.

Di rado, quando gli capitava di dividere una panchina e una sigaretta con Said, l’ha sentito parlare della sua vita prima del viaggio. "Penso però che fosse di Casablanca, e credo che in quella zona abbia anche dei parenti" racconta. Ma di più non sa, o non vuol dire. Difficile farsi aprire le porte dell’esistenza di confine, farsi raccontare anche lo scorrere del tempo di una giornata in purgatorio.

Quelle di Said trascorrevano per lo più sulla panchina di via Mazzini, alla fermata del bus, davanti alla chiesa di San Paolino dove s’era fatto qualche amico. E dove quei “bivacchi “avevano creato, e ancora creano, più di un malumore tra i residenti. Nemmeno quella panchina, oggi, c’è più. Il grande cantiere per il rifacimento della strada proprio in questi giorni ha fatto un passo verso il mare, inglobandola. Said si sarebbe spostato altrove, altrove infatti dormiva. "Un po’ qua, un po’ là", dice Amor, in un ovunque senza indirizzo preciso. Un angolo dove forse c’è ancora il suo fagotto di coperte e vestiti, che nessuno reclamerà. Con cui qualcuno, certamente, si scalderà non avendo altro.

Attraverso l’Imam della città, punto di riferimento religioso per i musulmani e di collegamento con la comunità di stranieri, si cerca in queste ore un collegamento con la sua vita prima. Prima di essere “Said, dall’Algeria“. "Da quanto sappiamo – dice l’avvocato Carboni – potrebbe esserci un fratello in Marocco". Qualcuno che, forse, non ha mai smesso di preoccuparsi per quel figlio partito ragazzino. E scomparso a 47 anni in un buio difficile persino da comprendere. Scomparso come quei fiori di bouganville, che a sera non erano più sul marciapiede via Coppino. Per poco, l’ultimo gesto di umanità.