UMBERTO GUIDI
Cronaca

Il papà della satira politica. I 100 anni controcorrente del fustigatore Avanzini

Silvano si avvicinò giovanissimo alla cartapesta come allievo di D’Arliano. Per le sue scelte molto forti dovette subire ripetuti interventi della censura.

Silvano si avvicinò giovanissimo alla cartapesta come allievo di D’Arliano. Per le sue scelte molto forti dovette subire ripetuti interventi della censura.

Silvano si avvicinò giovanissimo alla cartapesta come allievo di D’Arliano. Per le sue scelte molto forti dovette subire ripetuti interventi della censura.

Il prossimo giugno saranno cento anni esatti. Silvano Avanzini, costruttore storico del Carnevale, nacque infatti a Viareggio il 6 giugno 1925, da padre di origine veronese e madre viareggina pura, una Giangrandi. Ricordarlo nel centenario della nascita è doveroso per il contributo che ha dato alla manifestazione, portando la satira politica sui carri.

Silvano cresce con il Carnevale nelle vene. Ha appena sei anni quando disegna sul marmo del tavolo di cucina un carro del D’Arliano. Per molto tempo la madre eviterà di pulire il piano del tavolino, affascinata dal disegno. Da ragazzino, insieme agli amici, costruisce ingegnosi carrettini di Carnevale e a soli 13 anni sfila con una maschera isolata, compensata con 50 lire. Studia all’istituto d’arte Stagio Stagi di Pietrasanta, mettendosi in evidenza come uno dei migliori allievi, tanto che i docenti lo invitano a completare gli studi. Da studente, è inevitabile che Silvano frequenti i baracconi del Carnevale; e va a bottega da un fuoriclasse, Antonio D’Arliano, facendosi subito notare. Per una testa del carro “Scampagnata di sartine” del 1940, Tono pensò di prendere a modello Aurelio, un tipo conosciuto da tutti in città. Ha raccontato D’Arliano ad Aldo Valleroni nel 1986: “C’era appunto l’Avanzini che veniva già al capannone. Aveva il microbo anche lui pur essendo ragazzo. In fondo lo ha dimostrato poi. Vidi che in quel pezzettino d’uomo c’era qualcosa di diverso e mi permisi di dirlo all’Avanzini: ‘O Avanzini, falla te la testa d’Aurelio’. E la fece, somigliantissima, bellina”.

Inizia così, sotto l’ala protettrice di un grande mago della cartapesta, la carriera del giovanissimo Avanzini, che però era destinato a discostarsi dallo stile del suo primo maestro. Silvano da adulto avrebbe scelto la satira politica, di cui sarà uno dei principali e convincenti interpreti. E pensare che più volte dichiarò che non voleva fare il costruttore di carri, ma studiare architettura. È stato invece carrista di prima grandezza, scultore, pittore, scenografo anche per il cinema (basti citare i lavori per Federico Fellini in “Boccaccio ‘70” e “Casanova”, insieme all’amico-rivale Arnaldo Galli). La vera carriera di costruttore inizia lavorando proprio insieme a Galli. Firmano una mascherata di gruppo nel 1948, “Concorso mondiale di nasi”. Con Arnaldo Galli realizza altri due carri grandi negli anni immediatamente successivi, “I peccati in festa” e “Preferisco la vacca”. I piazzamenti sono modesti, ma nel 1951 il ‘divorzio’ artistico è già consumato. Sono due geniali protagonisti del Carnevale e l’attrito fra di loro è una costante che si mantiene nel tempo.

Il primo premio arriva nel 1956 con lo spettacolare “Ballata selvaggia”, realizzato con Francesco Francesconi. Una pantera nera caratterizzava il prospetto del carro, arricchito da leoni, maschere tribali, zebre al galoppo cavalcate da scimmie. Per la sapiente modellatura e per l’impatto scenografico il carro ebbe applausi a scena aperta. La vittoria fu decretata, per così dire, sul campo e i colleghi portarono Avanzini in trionfo. Nel 1959 Silvano Avanzini vinse con “Don Chisciotte” collocato nel caos del traffico moderno e alle prese con i problemi del Codice della strada.

Per la scelta di privilegiare la satira politica Silvano dovette comunque subire ripetuti interventi censori. Nessuna sorpresa nel trovare Avanzini in prima fila nella fioritura dei carri politici che segnano il momento storico del 1968. Nella produzione di questo periodo troviamo i manifesti politici di “Caccia alle streghe” (1969), “Lotta all’inquinamento” (1972), “Una bella covata” (un carro notevole del 1974, con il Fanfani chioccia che cova i pulcini col fez, censurato dalla Rai). Nel 1978 torna alla vittoria con “Peccato originale”, una satira del compromesso storico. Nell’Eden un Andreotti-Eva porge la mela al Berlinguer-Adamo, mentre dall’alto un severo Fanfani ammonisce entrambi. La satira di Avanzini non guarda in faccia a nessuno. Del resto già nel 1971 si era attirato gli strali del Partito comunista, cui pure era legato da un rapporto di odio-amore, realizzando “Commedia ‘70”: i politici della Dc vestiti di bianco, stanno in Paradiso e calano una scala dorata ai comunisti (con abiti rosa) perché salgano dal Purgatorio.

Successo pieno ancora nel 1980 con lo splendido “Fiat voluntas tua”: Gianni Agnelli è l’imperatore romano che comanda la Dc e fa sbranare gli operai riottosi dai leoni nell’arena. Nei primi anni ’80 chiama a collaborare il figlio Alessandro, destinato a raccogliere l’eredità paterna (con firma congiunta dal 1989). Del 1983 è l’azzeccato Craxi-Superman di “Il sol dell’avvenire” che stritola Enrico Berlinguer e Ciriaco De Mita. Craxi ritornerà nel mirino nel 1990, con “L’illusionista”: il leader del Psi è come Giano bifronte, e la faccia nascosta è quella di Mussolini.

Nel 1984 un altro primo premio con “Lasciamoli fiorire”. Nel 1993 il pm Di Pietro è l’esorcista de “I vampiri”, carro vincitore di quella edizione. La serie dei primi premi si conclude nel 1998 con “Ma che male vi Fo”: un ritratto tridimensionale che coglie lo spirito dell’attore e drammaturgo premio Nobel. L’ultimo carro è “Un secolo per la pace” (2000). Silvano Avanzini muore nell’ottobre del 2000, lasciando il testimone al figlio Alessandro, che saprà tenere alto il nome di famiglia.