DANIELE MANNOCCHI
Cronaca

Il pronto soccorso, prima linea dell’ospedale. L’assalto dei pazienti a caccia di risposte

Una mattinata al reparto che assorbe le richieste di cure da tutto il territorio, anche le meno urgenti che si risolvono in giornata. Medici in trincea: "La parola d’ordine è flessibilità. Solo così possiamo venire incontro alle esigenze di chi ha bisogno di noi".

Il pronto soccorso, prima linea dell’ospedale. L’assalto dei pazienti a caccia di risposte

Una mattinata al reparto che assorbe le richieste di cure da tutto il territorio, anche le meno urgenti che si risolvono in giornata. Medici in trincea: "La parola d’ordine è flessibilità. Solo così possiamo venire incontro alle esigenze di chi ha bisogno di noi".

"Abbiate pazienza, cammino veloce". La signora che ci ha accolto in accettazione, in effetti, ha il passo svelto. Ma non è l’unica: tra le corsie del pronto soccorso, di andature ’postprandiali’ se ne vedono poche. Siamo a metà mattinata. Fuori dal reparto d’emergenza c’è un’ambulanza col motore acceso. Un paio di persone aspettano all’aperto e cercano di ripararsi dal sole rifugiandosi sotto un filare di alberi. Superata la guardia giurata, sbirciamo dentro, dove il silenzio amplifica la sensazione di attesa. Ci saranno una ventina di persone a sedere, con gli occhi fissi sugli smartphone o sulla Settimana Enigmistica. Qualcuno ha ancora la fronte imperlata di sudore: deve essere arrivato da poco, e l’aria condizionata non ha ancora fatto effetto.

Superato il portone d’ingresso al pronto soccorso, l’atmosfera cambia ancora. Medici e infermieri si muovono in modo febbrile tra le barelle. Tanti anziani, in percentuale, tra i pazienti. Il primario, il dottor Giuseppe Pepe, conversa a bassa voce con una collega. Tra gli utenti meno gravi, si contano diverse flebo; tra i casi più urgenti, invece, a risaltare sono i gessi. E in effetti, uno dei settori più sotto pressione in questo periodo è quello della traumatologia. Nella stanza dei bottoni, due medici molto cortesi stanno passando al setaccio le immagini della diagnostica. Uno di loro tira su, in bella mostra, una copia de La Nazione. "D’estate aiuta ad allenare la memoria – proviamo a rompere il ghiaccio –, ci sono due sudoku". "Eh, e chi ce l’ha il tempo...". E in effetti, sulle barelle i pazienti sono diversi.

È Pepe, per sommi capi, a raccontare come la sua équipe lavora in prima linea, raccogliendo la domanda di tutto il comprensorio versiliese. "Non è solo l’afflusso di turisti ad aumentare la pressione sul pronto soccorso – racconta – perché la maggior parte degli accessi riguarda comunque persone residenti in Versilia". Per far fronte alle esigenze degli utenti, la parola d’ordine di Pepe è "flessibilità". D’altronde, ogni giornata è diversa dalla precedente e non si può mai sapere in anticipo dove sarà necessario allocare le risorse. Si fa un po’ come Napoleone quando approcciava una battaglia: "Si comincia e poi si vede".

"Noi non ci limitiamo a curare – spiega ancora il primario –; qui in pronto soccorso, noi accogliamo i pazienti. Nel miglior modo possibile, in base alle circostanze e alle variabili della giornata. È chiaro che non posso sapere in anticipo di cosa ci sarà bisogno: se arrivano tre persone che hanno necessità dello stesso macchinario, i tempi di risposta si allungano inevitabilmente. Ma parliamo comunque di un reparto che funziona bene. Siamo organizzati e pronti a far fronte alle situazioni che volta per volta ci troviamo ad affrontare. Nei casi più urgenti, di fatto, l’attesa per i pazienti non esiste". E per i casi meno urgenti, da tempo e da più parti – non ultimi i sindacati – si spinge per un potenziamento del territorio che possa snellire le code al pronto soccorso. D’altronde, i dati confortano questa tesi: nove persone su dieci vengono dimesse in giornata, molte di più che in altri ospedali, ad esempio Livorno. In assenza di un filtro territoriale, però, la domanda finisce per concentrarsi sul pronto soccorso. E così, la classica puntura di raganella che una volta veniva liquidata da un presidio secondario finisce per allungare la fila di fronte al reparto d’emergenza del Versilia. Non a caso, a più riprese – e da anni – l’Asl ha battuto sulla sensibilizzazione rispetto a quelli che vengono definiti "accessi impropri".

Un altro dato empirico a testimonianza del fatto che il paziente cerchi al pronto soccorso le risposte che non trova altrove, lo vediamo in pediatria. Dal lunedì al venerdì, quando il bambino sta male, mamma e papà lo portano dal pediatra. Nel fine settimana, si va al pronto soccorso. Anche ieri mattina, in attesa, c’erano diversi bambini coi genitori, in quelle stanze coi personaggi dei cartoni dipinti sulle pareti per infondere un po’ di coraggio. "Sabato e domenica il carico di lavoro aumenta", conferma un responsabile. Anche lui invita a lavorare sulla prevenzione: "Tra i ragazzini, bisogna stare attenti alle amicizie. Succede anche che qualcuno arrivi con un litro di vodka in corpo, comprata da chissà chi e chissà dove".