Il "Signor Defibrillatore". L’impegno di Banchieri: "In 14 anni abbiamo donato oltre cento strumenti"

Il presidente della prima realtà a operare per la cultura della sicurezza racconta il grande lavoro svolto per la comunità e la formazione dei giovani "Dai luoghi di lavoro alle scuole: una rete di protezione che guarda al futuro".

Il "Signor Defibrillatore". L’impegno di Banchieri: "In 14 anni abbiamo donato oltre cento strumenti"

Una lezione di primo soccorso tenuta allo scientifico dall’associazione Pardini

"Ormai in città mi chiamano ’quello dei defibrillatori’". Alfredo Banchieri è l’anima dell’associazione ’Roberto Pardini’, intitolata al genero scomparso nel 2009 per un arresto cardiaco. In quasi 15 anni, grazie a un lavoro costante e al supporto della comunità, l’associazione ha creato una rete salvavita in Versilia, fatta di centinaia di defibrillatori e migliaia di persone formate al loro utilizzo.

Banchieri, com’è cambiata in questi anni la percezione attorno al tema della sicurezza?

"Siamo partiti nel 2010 con la morte di Roberto. Abbiamo diffuso i defibrillatori nelle fabbriche, iniziando dal cantiere dove lavorava Roberto, primo in Italia a dotarsi di questo strumento. E quello è stato uno spunto perché i defibrillatori fossero installati nei luoghi di lavoro. Poi siamo passati ai centri sportivi pubblici, e infine alle scuole. In questa fase ci stiamo dedicando pure alla formazione".

Quanti defibrillatori avete distribuito?

"Un centinaio, tra quelli donati e quelli comprati grazie alle nostre risorse o alle offerte".

E per la formazione?

"Siamo diventati scuola di formazione accreditata in Regione, e quindi possiamo portare avanti questa attività. L’ultima giornata l’abbiamo tenuta in una scuola di Camaiore, con la donazione di un defibrillatore e la formazione di una trentina di persone. A volte, a queste giornate partecipano anche i cittadini".

Quanto è importante una conoscenza di base delle manovre che insegnate nelle scuole?

"Prendiamo quel che è successo a Massarosa. Una donna, addirittura una signora incinta, ha salvato la vita al marito. È la formazione che determina questi risultati: chi conosce le manovre da eseguire, riesce col massaggio cardiaco a mantenere il flusso d’ossigeno al cervello in attesa dell’ambulanza. In questo modo, non si perde l’attività cerebrale, scongiurando potenziali danni al cervello".

Non sarebbe opportuno che tutti fossero formati?

"È per questo che ci dedichiamo alle scuole. Se si fa formazione tra i bambini, avremo delle persone adulte che, in futuro, potranno diventare la salvezza di un nonno, un genitore o un figlio. In alcuni Paesi del Nord Europa, la formazione viene fatta direttamente a scuola. In Francia, si fa un corso al momento di prendere la patente. Qua ci siamo noi, che in buona sostanza arriviamo dove non arriva lo Stato".

Quanto è protetto il nostro territorio?

"Abbiamo installato defibrillatori nei luoghi pubblici più frequentati: accanto al Pontile di Lido, in piazza don Sirio in Darsena, a due passi da Tito del Molo e sul Belvedere, a Torre del Lago. E tutti i centri sportivi pubblici oggi hanno in dotazione un defibrillatore".

Una cultura, in questo senso, si sta sviluppando?

"Quando è successo di Roberto, io non sapevo che esistesse un defibrillatore utilizzabile anche dalle persone ’laiche’. Poi ho conosciuto il dottor Ghidini, cardiologo. La prima volta ci siamo visti in sala mortuaria. E da una chiacchierata è nata l’idea di avviare quest’attività. Ora lui è presidente onorario, mentre Andrea, il fratello di Roberto, è responsabile dei nostri corsi di formazione. E nel corso degli anni siamo riusciti a rendere tutte le scuole della Versilia cardioprotette".

DanMan