"Noi non siamo numeri". Era solo uno tra i tanti slogan che hanno accompagnato il lungo sit-in di protesta che poche settimane fa si è tenuto sotto la sede della Provincia di Lucca, con studenti, professori e genitori del Don Lazzari Stagi che urlavano il loro fortissimo dissenso verso l’accorpamento con il Marconi di Viareggio. Un incontro che vide di fatto la palla passare alla regione, con l’ente locale che accettò il piano di ridimensionamento scolastico, lasciando però uno spiraglio per il futuro. Doveva essere infatti la Toscana a decidere se procedere dall’anno scolastico 2025-2026, oppure prendersi altri 12 mesi per decidere. Con la lettera firmata dall’assessora Alessandra Nardini, di fatto, si è andati per la seconda via, con i ragazzi delle due scuole che resteranno ancora almeno un altro anno “autonomi“, e non verranno persi posti di lavoro. Una battaglia, e una protesta, che forse nel suo piccolo ha davvero fatto la differenza, dando quell’ulteriore spinta a un meccanismo che già si era messo in funzione, con l’intervento anche dei sindacati, da sempre al fianco dei lavoratori e degli studenti.
"Una notizia che apprendiamo con grande felicità - spiega Pasquale Cuomo, segretario generale della Flc Cgil Toscana -. Come sindacato siamo sempre stati in prima linea per contrastare questo meccanismo di accorpamenti, che per noi è assolutamente sbagliato. Abbiamo iniziato a mostrare tutto il nostro dissenso in tempi non sospetti, con le prime mobilitazioni datate, addirittura, gennaio 2023. La lettera dell’assessora Nardini ci rende felici, ci fa capire che, ancora un volta, la regione Toscana è dalla nostra parte in questa battaglia".
Oltre alla salvaguardia dei posti di lavoro di personale amministrativo e insegnanti, al centro della protesta c’è stato, sopratutto, il tema del diritto allo studio e del valore della scuola.
"Noi siamo sempre stati per la scuola diffusa, in tutto il territorio - aggiunge Cuomo -. Questa decisione di accorpare, basandosi spesso solo su dei freddi numeri, è proprio in contrasto con questi principi. Ne è stato fatto un motivo economico, per risparmiare sulle scuole. Come detto, oltre a rischiare i posti di lavoro, si rischia di togliere da alcuni luoghi dei presidi di civiltà, come sono le suole e gli istituti. La verità è che una realtà forte e radicata nel territorio, esiste anche se ci sono 15 studenti in meno rispetto ai 600 richiesti da un piano di tagli, che non tiene conto di tanti aspetti diversi.
Iacopo Nathan