È passato un mese da quando la chirurgia robot-assistita, con “da Vinci“ – in cui i movimenti e la visione all’interno dei campo operatorio vengono mediati da una macchina, mentre il chirurgo ha la piena gestione delle braccia robotiche – ha fatto il suo ingresso al “Versilia“. Spingendo il nostro ospedale verso il futuro. Un mese è l’occasione per tracciare un primo bilancio dell’attività di “da Vinci“ con il dottor Maurizio De Maria, direttore del reparto di urologia di Livorno che coordina l’equipe della sala chirurgica robotica del “Versilia“, unica e al servizio di tutta l’Asl Toscana Nord Ovest.
Dottor De Maria, quanti pazienti sono stati già trattati con “da Vinci“?
"In questo primo mese con “da Vinci“ al “Versilia abbiamo svolto 36 interventi, con la massima soddisfazione di tutti pazienti. Questa è stato possibile perché la piattaforma robotica applicata all’urologia era già molto conosciuta nell’unità operativa dell’area vasta, dato che da anni è attiva una convenzione con l’Azienda universitaria ospedaliare di Pisa che utilizza la tecnologia avanzata da una decina di anni. E dunque le unità erano già formate, e pronte ad intervenire".
L’obiettivo qual è?
"Ampliare gradualmente l’attività, che oggi si svolge per cinque mattine alla settimana, per arrivare a quattrocento interventi l’anno. Questo si traduce in una più rapida presa in carico del paziente con tutti i vantaggi che ciò comporta in termini di salute".
Che tipo di interventi sono stati svolti?
"Le indicazioni robotiche sono abbastanza chiare, e di tipo oncologico. La branca che esprime le condizioni più concrete e favorevoli è quella del tumore al rene e alla proposta, che vengono aggrediti in maniera conservativa. Ciò signfica che viene asportato il nodulo, salvaguardando l’organo".
E nel futuro? A quali attività può essere ampliata l’attività del robot “da Vinci“?
"Potrà essere allargata ai tumori alla vescica, dove le indicazioni robotiche non sono concrete ma previste. E, attraverso un percorso di formazione del personale, anche ad altre unità. A ginecologia, chirurgia cardio-toracica, otorinolaringoiatria...".
Quali sono i vantaggi per i pazienti?
"Quelli che si possono ottenere con la chirurgia mini-invasiva: cicatrici più piccole, minori complicanze da infezioni, degenze più brevi, migliori tempi di ripresa e di rientro a lavoro".
E peri chirurghi, invece?
"Possiamo muoverci con maggiore libertà, ruotare una mano o un braccio robotico a 360 gradi: una cosa impossibile per un essere umano. O arrivare in un punto preciso senza fare contorsioni faticose, assumere posizioni più comode. Inoltre ci dà una visione tridimensionale, con una visuale e una luce perfette".
Dal suo primo intervento, quando era un giovane medico, ad oggi, che ha maturato oltre trent’anni di esperienza, la chirurgia ha subito una trasformazione completa.
"È cambiato tanto, in poco tempo. Ed in meglio. Consideri che la tecnologia robotica nasce nei primi anni Duemila, quando è uscito il primo robot “da Vinci“, e la sua evoluzione è stata rapidissima. Al momento l’unico limite è che parliamo di una tecnoclogia costosa, ma l’attenzione sulla robatica delle aziende che producono apparecchiatture sanitarie è cresciuta. La speranza è con il tempo si riducano i costi, si possa allargare la diffusione e ampliare le indicazioni di trattamento".