di Tommaso Strambi
Sono le 19.49 quando Alberto Stefano Giovannetti riconosce che sarà necessario il ballottaggio. "Quello ottenuto è un risultato importante, siamo molto contenti. Mancava poco per vincere al primo turno, ma quello di oggi è davvero un risultato importante e bello. Ci ripaga dello sforzo fatto in questi anni e in questi mesi. Certo, se il centrodestra fosse stato unito, forse avremmo vinto al primo turno".
I numeri sono implacabili. E sono lì, scolpiti sulla pietra, a testimoniare che se il centrodestra non si fosse presentato diviso (due candidati ufficiali ed un terzo rimasto un passo indietro) questa mattina la Piccola Atene si sarebbe risvegliata con un sindaco eletto. Invece sarà necessario andare al ballottaggio per sapere se a guidare per i prossimi 5 anni sarà ancora Alberto Stefano Giovannetti o, invece, spetterà a Lorenzo Borzonasca, giovane capace di riunire intorno a sé quel centrosinistra (dal Pd alla Sinistra passando per i 5 Stelle e la sua lista civica, Insieme per Pietrasanta) altrove decisamente meno compatto. Eppure qui, in questo spicchio di Versilia che ”piace alla gente che piace“, lui è riuscito nell’impresa di creare una coalizione allargata. Aiutato in questo dalla guerra fratricida che si è consumata dentro al centrodestra.
Da una parte il sindaco uscente, appunto, Alberto Stefano Giovannetti e dall’altra Massimiliano Simoni, espressione di Fratelli d’Italia che, con la sua lista Amo Pietrasanta era in maggioranza sino allo scorso anno. Poi la rottura. Complice anche il vento nazionale che soffiava forte sui vessilli del partito della premier Giorgia Meloni. Anche se dentro al partito non tutti erano d’accordo. "Massimiliano ripensaci", si sono sgolati i vertici locali e regionali del partito fino all’ultimo. "Amministriamo la città da cinque anni e prima lo abbiamo fatto con Massimo Mallegni – gli sussurravano alle orecchie – perché puntare i piedi. Stiamo uniti e poi toccherà a te". E anche a Roma qualcuno ha provato a dirglielo. Ma lui (e non solo lui, a dir la verità) non ne ha voluto sapere. "Adesso tocca a noi. Siamo il primo partito della coalizione e spetta a noi decidere il candidato sindaco". Questione di bandierine. In parte è anche comprensibile quando per anni si sono condotte battaglie d’opposizione raccattando alle urne non più del 4 per cento. Poi, prima quel harakiri del Papeete (vi ricordate Salvini alla consolle con i bicchieri di mojito) e l’essere rimasti all’opposizione del governo Draghi, e quella percentuale è schizzata al 30 per cento alle politiche del 2022. Una tentazione troppo forte per non provarci.
Ma non c’è solo questo. A pesare, nella non vittoria al primo turno, ci sono anche le tensioni con l’ex sindaco Massimo Mallegni. Per anni, l’ex senatore, ha cullato entrambi: Govannetti e Simoni. Poi, come in tutte le famiglie (politiche, beninteso) ha dovuto scegliere un erede e ha puntato su Giovannetti. Apriti cielo. Perché, poi, essendo organico ad un partito-azienda che di delfini negli anni ne ha bruciati uno dietro l’altro, le frizioni non sono mancate nemmeno con l’erede designato. Basta guardare all’ultimo mese di campagna elettorale. Ogni giorno un video per dire "sì Alberto hai ragione, ma io farei così. E, poi, magari, meglio ancora così". In un continuo alzare l’asticella, sperando di strappare con la propria lista (Forza Italia e Pietrasanta prima di tutto) quei voti sufficienti per essere l’azionista di maggioranza dell’alleanza. Cosa che, però, è sfumata per un paio di punti (18 per cento contro il 20 per cento di Ancora Pietrasanta).
A questo punto i prossimi 28 e 29 maggio si riparte da capo. Certo Giovannetti parte favorito (la somma del centrodestra lo blinda), ma Borzonasca può rappresentare una spina nel fianco se in questi quindici giorni gli animi dentro al centrodestra non si placheranno. Una volta quando c’erano la Dc e il Pci al momento opportuno ci si chiudeva in una stanza e se ne usciva solo con un accordo. E non è solo nostalgia di un tempo che non c’è più. Ma anche di una politica che era davvero tale.