PAOLO FORNACIARI
Cronaca

"Ingoiati da un’eruzione infernale" Il racconto della tragedia dell’Artiglio

Il 7 dicembre 1930 davanti a Saint-Nazaire tra le dodici vittime anche quattro palombari viareggini

di Paolo Fornaciari

Il 7 dicembre 1930, nelle acque davanti a Saint-Nazaire, in Francia, una tremenda esplosione travolse ed affondò l’Artiglio, mentre si trovava impegnato nella demolizione del piroscafo Florence. La notizia fece subito il giro del mondo e il nome di Viareggio e dell’Artiglio furono sulle prime pagine di tutti i giornali. La disgrazia causò dodici vittime, quattro furono i viareggini: i palombari Alberto Gianni, Aristide Franceschi, Alberto Bargellini ed il marinaio Romualdo Cortopassi, che andarono ad aumentare l’elenco dei caduti della nostra marineria.

Il doloroso episodio, comunque, non sminuì le imprese dell’Artiglio, prima fra tutte la localizzazione del relitto dell’Egypt e il recupero del prezioso carico dal fondo dell’Oceano. L’impresa dell’Artiglio e successivamente dell’Artiglio II° fu l’operazione più straordinaria di tutti i tempi. Il nome dell’Artiglio si tinse d’oro, ma sotto l’oro vi è – ed ha maggiore splendore – l’intelligenza, il lavoro, la fatica, il sudore ed il sangue dei palombari e dei marinai viareggini.

A questi uomini dell’Artiglio Silvio Micheli ha dedicato il libro L’Artiglio ha confessato, una ricostruzione storica, con le testimonianze dei marinai, dei palombari superstiti e dei famigliari dei caduti, che costituisce un autentico documento umano fra i più significativi, un’opera fra le più valide che la letteratura ha dedicato al mare. Con L’Artiglio ha confessato Silvio Micheli si è aggiudicato, nel 1959, il Premio Letterario Viareggio per l’inchiesta giornalistica.

Ma veniamo alle circostanze della tragedia.

Il 12 settembre 1929, l’Artiglio si diresse a Brest per la localizzazione dell’Egypt, impresa già tentata da altri palombari senza risultato. Il 29 agosto 1930, dopo un anno di ricerche fu individuato l’Egypt. La stagione era comunque troppo avanzata e si doveva rimandare tutto. Allora l’Artiglio fu inviato a Saint-Nazaire per demolire il relitto del Florence, che giaceva a 16 metri di profondità con un carico di esplosivo. L’operazione di smantellamento, che consisteva nel far esplodere cariche per aprire un varco nella nave, iniziò il 4 ottobre 1930. I palombari sistemavano le cariche, che venivano fatte esplodere dall’Artiglio tramite un cavo elettrico, a distanza di sicurezza. Passavano i giorni ed il Florence restava sempre da demolire, nonostante aumentasse il numero delle cariche fatte esplodere e di pari passo diminuisse la lunghezza del cavo elettrico ed anche la distanza di sicurezza.

Il Gianni scrisse al Quaglia circa i pericoli che correva l’Artiglio a causa del cavo elettrico, ogni giorno era sempre più corto. Intanto si avvicinavano le feste natalizie e cresceva la voglia di fare ritorno a casa. Il 25 novembre 1930, Gianni scriveva alla moglie: "Qua i temporali si rincorrono uno dietro l’altro senza farci più mettere il muso fuori del porto. Questo stato di cose io l’ho comunicato alla So.ri.ma, e particolarmente al Comm. Quaglia che sono certo prenderà provvedimenti, ci farà certamente rientrare in Brest per il disarmo, e quindi spero venire presto a Viareggio. Ormai è un desiderio, venuto un’ossessione, ma che ormai non possiamo dilatarlo. Vedrai che da un giorno all’altro avremo ordini di rientrare".

Ma il Quaglia, alle continue richieste del Gianni, rispondeva: "Se vi interessa passare le feste a casa, dovete spicciarvi".

E siamo alla domenica del 7 dicembre 1930. Dopo aver piazzato le cariche, l’Artiglio si portò a distanza di sicurezza, a soli 160 metri, tale era la lunghezza del cavo rimasto. Quando Gianni collegò i fili elettrici un boato spaventoso sollevò una colonna d’acqua e di ferro. L’Artiglio ed il Florence non esistevano più.

La notizia della tragedia fece il giro del mondo. Terribile fu il colpo per la marineria viareggina. Mario Raffaelli, palombaro del Rostro e successivamente capo palombaro dell’ Artiglio II° così descrisse il fatto: "Ci trovavamo col Rostro a circa due miglia dall’Artiglio che vedemmo con raccapriccio e terrore scomparire in quella eruzione infernale. Non trascorse un attimo, la superficie del mare era ancora sconvolta e avvolta in una impenetrabile e immensa nube dí fumo nero, che già il Rostro filava a piena macchina verso quel luogo di terrore e morte. Quando fu possibile scrutare verso il punto dell’esplosione il mare era completamente sgombro. Venti minuti dopo dalle lance del Rostro venivano raccolti sette naufraghi affranti, avviliti e alcuni feriti. Poco dopo anche i corpi di Gianni e Franceschi venivano raccolti dal Rostro. Il capo dei palombari più ardimentosi e bravi del mondo sembrava ancora vivo e per circa due ore gli fu praticata la respirazione artificiale; ma ogni tentativo fu inutile. Anche Gianni era già cadavere".

Allora, si pensò che mai più si sarebbe parlato del recupe­rodell’Egypt. Ma altri palombari, cresciuti alla scuola del Gianni erano pronti per portare avanti l’impresa. Na­sceva così l’Artiglio II° che proseguiva nel progetto di strappare al mare il tesoro dèll’Egypt. Con un’impresa che sa di leggenda, già nel 1933 erano state recuperate 6 tonnellate e mezzo d’oro e 44 di argento, qualche tonnellata in più di quanto denunciato all’assicurazione, un tesoro per un valore globale di 5 milioni e mezzo di dollari di allora.