MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

Isabella Tobino: "La Viareggio della mia infanzia narrata nella pagine di mio zio. E quel mare limpido mai rivisto"

Faccia a faccia con la nipote del medico-scrittore che oggi ne tramanda la memoria "Cosa vorrei? Parcheggi interrati o anche sopraelevati, ma circondanti da giardini verticali".

Isabella Tobino: "La Viareggio della mia infanzia narrata nella pagine di mio zio. E quel mare limpido mai rivisto"

Isabella Tobino: "La Viareggio della mia infanzia narrata nella pagine di mio zio. E quel mare limpido mai rivisto"

Ancora si emoziona, pur avendo sfogliato quelle pagine milioni di volte, leggendo “Sulla spiaggia e di là dal molo“. Che racconta di “Una terra battuta dal sole e dal vento, e un popolo fiero e infantile, anarchico e incline alla dissipazione, avvezzo alle tribolazioni della marineria e amante della gioia di vivere“.

Il libro che suo zio Mario Torino, il figlio del farmacista, lo scrittore e il medico, dedicò a Viareggio. Alla sua storia e alla sua gente. "Un testimonianza bellissima, di ciò che è stato il passato e da cui immaginare il futuro della città", dice Isabella Tobino, che da presidente della Fondazione Tobino coltiva la memoria del poeta-psichiatra e porta avanti la sua eredità culturale.

Signora Tobino, c’è un angolo di Viareggio in cui si può ritrovare ancora la città raccontata da suo zio?

"Quando vado in cima al Molo, e mi volto verso terra io la ritrovo. Guardando Viareggio stendersi lungo la costa, col suo profilo incastonato nelle Apuane. Eppure nelle vecchie darsene. E magari, tappandoci un po’ gli occhi per non vedere i grandi yacht, anche la banchina Natino. Dove ormeggiano i pescherecci. Lì c’è ancora qualcosa della Viareggio tobianiana".

Qual è, invece, il suo primo ricordo legato a Viareggio?

"È l’estate al mare, con mia madre al bagno Raffaello. Forse è una suggestione che nasce da una foto che mi ritrae bambina, con i boccoli biondi e un costumino blu a pois gialli. Impegnata a sciacquare le formine in un’acqua limpidissima. Così limpida che sul fondo si potevano intravedere le stelle marine. Un mare così, come negli anni Cinquanta, non l’ho più visto".

E l’inverno di Viareggio?

"Era più intimo, discreto. Mi ricordo di una lunga passeggiata con mio padre (fratello di Mario Tobino) sulla spiaggia dopo un’ inusuale nevicata, e le impronte lasciate sulla neve da cui affiorava il grigio della sabbia".

Com’è cambiata Viareggio?

"Profondamente. Proprio ieri ho accompagnato un regista in piazza Cavour, per scoprire le radici di Mario Tobino. La farmacia di via Battisti, il suo studio medico dove, al rientro dalla Libia, si struggeva per la crocerossina a cui dedicò “Il perduto amore“. E dove conobbe poi Paola Olivetti, la compagna di una vita".

Il regista immaginava di trovare quella “grande distesa d’erba e intorno, a disegnare un rettangolo, solenni platani“. E invece...

"È rimasto deluso. E io mi sono sentita quasi in imbarazzo accompagnandolo al Piazzone. Che nei miei ricordi è ancora pieno di vita, di chiasso, di colori. Ripenso alla bottega di Natale, col pesce sotto sale e le botti piene di olive. Alla Leoncina, che vendeva la frutta e la verdura più buona che abbia mai mangiato. Al banchetto delle sorelle Petagna, con tutti quegli abiti dal gusto raffinato... Spero davvero che qualcosa possa cambiare".

C’è una frase, di una poesia, che sintetizza l’amore di Tobino per la sua terra: “Viareggio in te sono nato e in te spero morire“. Oggi è impressa sulla diga foranea, lei cosa prova quando la incrocia?

"Ci ritrovo tanto di mio zio, che ha amato profondamente questa città. Che forse non lo ha amato quanto lui pensava di dover essere amato. Per me quella citazione è casa, è un porto. Per questo, perché fosse chiara l’origine di questo verso, ho voluto che fosse apposta lì in una targa. E quando venne inaugurata, l’allora vice comandante della Capitaneria mi raccontò che le lettere di questa scritta vengono utilizzate per segnalare ai pescatori dove puntare la prua per trovare il canale e rientrare in porto quando il fondale è insabbiato. È stato bello scoprire che, in qualche modo, rappresenta anche un simbolo di salvezza".

Se domani si svegliasse sindaco di Viareggio, qual è la prima cosa che farebbe?

"Sicuramente un’ordinanza, per obbligare i proprietari degli edifici storici a conservare le facciate. Ci sono testimonianze architettoniche straordinarie, come lo chalet Martini, l’unica memoria della Passeggiata in legno, la Villa Blanc... che meritano la massima cura. E poi farei dei parcheggi, per liberare le strade da questa selva di metallo. Parcheggi interrati o anche sopraelevati, ma circondanti da giardini verticali. E poi una maggiore attenzione alla cura del centro città, alla pulizia".

E come presidente dalla Fondazione Tobino, che progetti ha?

"Stiamo lavorando da tre anni per ottenere in convenzione dalla Asl la parte storica dell’ospedale di Maggiano, dove Tobino ha vissuto gran parte della sua vita dedicandosi alla psichiatria. C’è un progetto, dello studio Guicciardini e Magni di Firenze, per recuperarla e trasformarla in un museo multimediale dedicato alla psichiatria, con una sala convegni e un ostello. È tutto pronto, manca solo la firma del direttore del direttore generale della Asl...".