Geza Kertesz. Come minimo, di fronte a questo nome, bisognerebbe alzarsi in piedi e osservare un minuto di silenzio. Per rispetto alla persona e quel che ha fatto non quando c’era da festeggiare un gol segnato sui campi di calcio, ma salvare persone – come lui di religione ebraica – vessate, braccate, destinate a finire dentro... un forno crematorio. Ottanta e passi anni fa, dice qualcosa la parola Shoah?
Geza Kertesz, calciatore e poi tecnico ungherese, ha lasciato una traccia – documentata e certificata: eccoci nelle nostre lande – nella storia centenaria del calcio viareggino: quel signore distinto, con un passato da centrocampista di scuola danubiana, è stato allenatore del Viareggio sul finire della stagione 1927-1928 che si concluse con la promozione dalla Seconda alla Prima divisione, quindi in quella successiva, in ‘Prima’ con un rendimento alterno. Era gli anni della presidenza di Sem De Ranieri, Gerardo Corna e Lorenzo Puccinelli.
L’allenatore bianconero era dunque ebreo. In quegli anni, le leggi razziali non erano state ancora promulgate. Sarebbe diventata una condanna. Forse ogni tanto avvertiva sinistri brividi sulla pelle. A Viareggio, raccontano le cronache (molto rarefatte) dell’epoca, di un tecnico misurato, forse non molto empatico con il pubblico che gremiva il Polisportivo del Littorio, ma comunque “una gran brava persona che in città stava molto bene”. All’epoca la squadra calcistica locale non si chiamava solo Viareggio, accanto c’era il nome Vezio Parducci, in memoria di un diciassettenne, fervente fascista, morto a soli 17 anni, nel luglio 1921, prima nei tumulti di Sarzana che videro protagonisti un gruppo di arditi fascisti guidati da Amerigo Dumini (poi coinvolto nel rapimento e nell’uccisione di Giacomo Matteotti).
In quegli anni bianconeri, Geza Kertesz pensa ad allenare. Si rendeva conto che qualcosa stava per accadere. Dopo Viareggio, il passaggio ad altri club anche del massimo campionato, prima del ritorno in Ungheria nel bel mezzo della Seconda guerra mondiale, con il paese magiaro invaso dai tedeschi che davano la caccia, giorno dopo giorno, agli ebrei che dovevano essere deportati in Germania se non prima sterminati sul posto. Geza con vari artifizi, scambi di persona, assieme ad un altro calciatore-allenatore magiaro (Toth), riuscì a salvare diversi ebrei, salvandoli dalla deportazione e dalla morte sicura. Ma questo lodevole slancio di generosità, rischiando ogni giorno la vita, non poteva durare per sempre. Scoperto (forse tradito da qualche delatore) Geza Kertesz finì di fronte al plotone d’esecuzione.... Il resto è una tomba. Una lapide. Un ricordo imperituro. In Italia viene ricordato soprattutto a Catania, dove è stato un idolo. Ma con l’anno e mezzo sulla panchina bianconera, Geza è entrato nella storia di Viareggio.
Giovanni Lorenzini