PAOLO DI GRAZIA
Cronaca

La Casina dei ricordi. I vandali devastano il fragile tempio laico della memoria collettiva

I cimeli delle trentadue vittime bersaglio di sfregi e furti continui. L’ideatore sul punto di mollare: "Inammissibile per ciò che rappresenta". Lo psicologo: "Spesso si fa in gruppo, attivando un dispimpegno morale". .

I cimeli delle trentadue vittime bersaglio di sfregi e furti continui. L’ideatore sul punto di mollare: "Inammissibile per ciò che rappresenta". Lo psicologo: "Spesso si fa in gruppo, attivando un dispimpegno morale". .

I cimeli delle trentadue vittime bersaglio di sfregi e furti continui. L’ideatore sul punto di mollare: "Inammissibile per ciò che rappresenta". Lo psicologo: "Spesso si fa in gruppo, attivando un dispimpegno morale". .

Pulce e Scarburato giravano l’Europa in sella alle loro moto. Belli, liberi e spensierati. Fino a quel maledetto 29 giugno 2009 quando il fuoco assassino sprigionato dal deragliamento di un treno che trasportava gpl all’interno della stazione di Viareggio non distrusse la loro abitazione in via Ponchielli. Morirono entrambi insieme ad altre 30 persone, donne, uomini, bambini sorpresi dal fuoco nelle loro case. E da allora l’associazione motociclistica di cui facevano parte, ‘Le tartarughe lente’ costruì proprio in via Ponchielli – la strada simbolo della strage di Viareggio – una piccola costruzione dove sono custoditi i ricordi di Maria Luisa Carmazzi (Pulce) e Andrea Falorni (Scarburato) e di tutte le altre vittime del disastro ferroviario.

A Viareggio, per tutti, quella è la Casina dei Ricordi dove anche un pupazzetto di peluche richiama alla memoria un bambino che non c’è più. E poi ci sono i messaggi lasciati dai parenti e dai visitatori. E gli oggetti appartenuti alle vittime. Di nessun valore commerciale, ma di un immenso carico affettivo. Un tempio laico della memoria collettiva, insomma, nel cuore di una città ferita che aspetta ancora che la giustizia – che pure ha fatto il suo corso in cinque gradi di giudizio – diventi definitiva.

Eppure questo luogo quasi sacro da anni è oggetto costantemente di vandalismi, sfregi, furti. L’ultimo episodio qualche giorno fa. Qualcuno ha utilizzato le pagine di un diario come carta igienica. Giuliano Bandoni è il presidente delle Tartarughe Lente, l’uomo che ha ideato la Casina e che da 15 anni tutti i giorni la cura e la pulisce come fosse casa. Dopo averne viste tante, oggi è sul punto di mollare. "Credo che si sia toccato il punto più basso dell’inciviltà – dice Bandoni – Non c’è più rispetto per niente e per nessuno. Non posso più sopportare che la Casina venga continuamente vandalizzata e sfregiata, trasformata in una sorta di latrina. È inammissibile per quello che rappresenta".

Rappresenta, infatti, il dolore collettivo. Come ben sa Daniela Rombi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage e che quella notte perse una figlia 21enne. "Io credo – dice – che non sappiano quello che stanno facendo. Non si può avere una cattiveria così grande. Io spero che l’amministrazione comunale riesca ad attivare la telecamera che già c’è in modo da evitare il ripetersi di episodi inqualificabili".

Ma la domanda è: perché? In che mondo viviamo? "Non c’è una risposta precisa. In genere – spiega lo psicologo Emanuele Palagi – questi vandalismi vengono fatti in gruppo dove si attiva una sorta di disimpegno morale. Una cosa moralmente sbagliata, all’interno del gruppo ce la raccontiamo in modo diverso. C’è poi una dilazione di responsabilità come se nessuno fosse in realtà colpevole, tanto lo fanno tutti. Spesso a nascondersi nel gruppo sono giovani e giovanissimi che mettono in atto una sorta di strategia collettiva per non sentirsi in colpa e vivere con la sensazione di restare impuniti". E per cosa si fanno certe cose? "Per noia e ricerca di adrenalina; a volte alla base ci sono disturbi psicologici o situazioni socio economiche svantaggiose".