Nel contesto di una struttura urbanistica come quella di Viareggio, dove la conversione edilizia è stata decisamente radicale, parlare di “centro storico” è difficile. Molto è stato distrutto, con la conseguenza che si sono perdute le tracce del passato, tanto che parlare oggi dello storico “passetto” è come domandare “chi era costui?”. Il “passetto” era semplicemente quel piccolo e tipico ingresso della casa viareggina a due piani che, oltre a fare da ingresso all’abitazione, conduceva nel piccolo orto interno dove sul fondo insisteva una casetta usata come asilo estivo perché l’abitazione era eventualmente da destinarsi ai villeggianti. Casa viareggina che testimoniava l’ambiente popolare e marinaresco di una città divenuta tale perché nel 1820 Maria Luisa di Borbone l’aveva elevata a tale rango. Ovvio che queste costruzioni essenziali nell’aspetto esterno non si affacciavano sul mare, perché qui stava prendendo corpo l’aspetto turistico della città.
E qui forse sta la ragione della scelta di accantonare la tipologia edilizia della “casetta col passetto” che forse rappresentava ciò che era stato e di cui in un certo senso ci si vergogna. Questo, nonostante la gloriosa marineria a vela, i cui capitani – nonché i calafati e i maestri d’ascia – certamente non abitavano nella zona rivierasca dove poi sarebbe sorta la Passeggiata” e tutto il resto.
Fatto sta, Viareggio, anche a causa delle distruzioni belliche e della caotica ricostruzione, è diventato un centro urbano che ha perduto il suo passato. Perché non bastano la Torre (impropriamente denominata Matilde), Villa Paolina o il Palazzo delle Muse a dimostrare che c’è stato un passato, perché se queste costruzioni fanno parte di diritto alla storia della città, non necessariamente ne costituiscono l’autentico humus di una città che prese il via da quei “quattrocento” ricordati da Mario Tobino.
Mario Pellegrini
Nella foto, un’immagine d’epoca della zona della Torre Matilde