Una delle soddisfazioni più belle è aver visto Sara (nome di fantasia) tornare a scuola, diplomarsi e trovare un lavoro dopo un passato difficile costellato anche dalla tossicodipendenza. Ma non basterebbe una pagina intera per raccontare il passaggio dall’esclusione all’inclusione sociale vissuta sulla propria pelle dagli oltre 100 ospiti che dal 2004 ad oggi hanno varcato la soglia della comunità terapeutica “La Rocca“. A livello visivo le loro storie sono raccontate dalla mostra fotografica “Mental disintegration“, allestita fino al 7 settembre al Sant’Agostino.
In realtà la terapia parte proprio da lì: dall’ingresso de “La Rocca“ gli ospiti vedono i modelli in gesso del Museo dei bozzetti. "Spesso, purtroppo – spiega la direttrice sanitaria Sonia Cortopassi – i luoghi di cura per i pazienti affetti da disturbi psichiatrici sorgono in luoghi extraurbani e isolati che non favoriscono l’integrazione del malato. Invece è importante la bellezza nei luoghi di cura: aggiunge valore alle cure mediche, accoglie il paziente con rispetto e umanità, riduce la percezione di medicalizzazione, supporta la creazione di un clima di fiducia e collaborazione, migliora il percorso di guarigione della persona. L’arte e la bellezza sono risorse di compensazione e recupero". Sarà anche per questo che le 114 persone ospitate in questi 20 anni d’attività hanno affrontato le tre fasi della terapia – approccio integrato, farmaco e riabilitazione – sentendosi fin da subito integrati. Ad oggi sono circa 20 quelli ospitati a “La Rocca“, gestita dalla cooperativa Pellicano Versilia (convenzionata con l’Asl), di cui 14 in comunità e gli altri distribuiti in un circuito socio-terapeutico e riabilitativo composto da due gruppi appartamento in città, per chi ha concluso in maniera positiva il percorso in comunità acquisendo più autonomia, più un’anziana nel servizio d’assistenza domiciliare. "L’obiettivo – conclude – è accompagnare le persone a riprendere in mano i propri progetti di vita per il futuro o individuarne di nuovi, tornare ad avere relazioni affettive spesso usurate a causa del grave malessere, aiutarle ad integrarsi nella comunità di appartenenza e facilitare il graduale inserimento lavorativo attraverso borse lavoro. La mostra è anche l’occasione per tornare a sottolineare l’importanza di una coscienza pubblica e inclusiva verso l’ulteriore superamento della stigma verso il malato di mente e qualunque forma di fragilità".
Daniele Masseglia