E’ stato impossibile ascoltare l’esplosione di quei tre colpi di cannone, senza sentire nel cuore l’eco che ha squarciato l’alba ucraina. Guardare la sfilata dei carri di cartapesta, senza immaginare l’ingresso di quelli armati a Kharkiv. Vedere i bambini mascherati rincorrersi spensierati sui Viali a Mare, e non pensare a quelli rannicchiati nei seggiolini delle migliaia di auto incolonnate per lasciare la capitale Kiev sotto le bombe, abbandonando tutte le certezze. Sentire la pioggia di missili sul porto di Odessa, durante i colpi a raffica dei fuochi d’artificio sparati sopra il mare di Viareggio. Spettacolo che la Fondazione – nonostante dalla città siano arrivate tante richieste di sospendere lo show – ha voluto invece confermare: "Con la speranza – è il messaggio della Cittadella – che i fuochi del Carnevale possano illuminare le menti di quei potenti, che ai coriandoli ancora preferiscono le armi. Viareggio è vicina a tutti i popoli, e oggi in particolare al popolo ucraino, che vivono con il terrore delle bombe".
Il Carnevale ieri si è svegliato, proprio come ognuno di noi, con la guerra alle porte. E come ognuno di noi con il bisogno di ripudiarla. Lo fa da sempre; attraversando questa nostra storia scandita dai conflitti senza mai voltarsi dall’altra parte. Lo ha fatto anche quando le bombe facevano meno “rumore“, ma non per questo meno male. Lo ha fatto nel centenario, scegliendo di celebrare la pace prima di tutto. E lo ha fatto ieri; con le bandiere arcobaleno, le canzoni, gli striscioni, le facce pitturate, le lacrime agli occhi...
Il sindaco Giorgio Del Ghingaro, ieri mattina, quando l’invasione russa dell’Ucraina si è concretizzata, ha chiesto ancora al Carnevale "un segnale forte contro la guerra". "Non possiamo permettere che questa sia ancora una volta “l’unica strada“. La guerra porta solo distruzione: Viareggio deve affermarlo. Anche e soprattutto attraverso la sua manifestazione più gioiosa". La Fondazione ha affidato il messaggio alle parole del "Trionfo dell’amore" di Gianluca Cucchiar: "Canzone vola e va sulla terra, insegna a far l’amore che per la guerra si vedrà"; mentre i carristi a quell’ora erano già a lavoro per dare corpo a questa richiesta universale di pace. La famiglia Cinquini - Cirri ha realizzato decine di manifesti, "War is stupid"; "Basta", "No alle armi", che hanno aperto con il sottofondo di ’Imagine’, che conserva la potenza e la speranza che il sogno di fratellanza racchiude al suo interno, la sfilata più difficile da immaginare. Che ci ha riportato agli anni del Kosovo, quelli del Golfo, dell’Iraq, quando il Carnevale ammutolì la sua festa. I Lebigre hanno invece srotolato un’immensa bandiera arcobaleno, mentre Libero Maggini ha vestito la sua mascherate di simboli, ’La pace è oro’ ha gridato Matteo Raciti, Mentre "I have a dream" di Silvano Bianchi, con Il mondo messo in salvo su una scialuppa dai grandi del Pianeta, diventa il simbolo di questa giornata. Così disumana e umana al tempo stesso. Con quel sogno che si infrange sui terreni di scontro, ma che rifiorisce nelle piazze. Come in quella di San Pietroburgo, piena di uomini e donne che hanno sfidato la paura per dire ’No alla guerra’.
Martina Del Chicca